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Il boom del traffico di cocaina sta trasformando il Perù in un narco-stato

Gli indizi ci sono tutti: un importante trafficante uscito di prigione, intercettazioni che puntano all'uso di elicotteri per trasportare cocaina, e candidati presidenziali accusati di avere legami col business della droga.
Foto fornita dal governo peruviano/EPA

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Da molto tempo il Perù è considerato uno dei più importanti paesi produttori di cocaina — allo stesso livello della Colombia.

Eppure, solo sporadicamente sono emersi da qui boss della droga di alto profilo. Gerson Gálvez Calle - anche noto come "Caracol," o Lumaca - è uno di loro.

Caracol è salito all'attenzione delle cronache nazionali alla fine dello scorso anno, quando gestiva il più grande e pericoloso network di trafficanti di droga del paese, il Barrio King. Solo un anno prima, Caracol era uscito di prigione in circostanze molto controverse.

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Il flusso costante di rivelazioni sull'improvviso rilascio di Caracol, e sulla portata delle sue operazioni, hanno indirizzato l'attenzione dell'opinione pubblica verso la profonda penetrazione dell'industria della cocaina nelle istituzioni del paese — alimentando la sensazione che il paese stia scivolando lentamente ma inesorabilmente verso la trasformazione in un narco-stato.

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È una delle poche cose su cui sembrano concordare l'ex re dell'anti-droga Ricardo Soberon e il famoso analista sulla sicurezza Jaime Antezana.

Soberon, ex capo dell'agenzia anti-droga peruviana Devida - che è a favore della depenalizzazione - ritiene che il Perù "ci sia quasi." Antezana, promotore dell'ordine pubblico a favore della distruzione delle coltivazioni di coca, concorda sul fatto che il paese "ci sia vicino."

In particolare, Antezana sottolinea l'influenza dei narcos sulla politica: l'anno scorso ha ipotizzato che almeno dieci dei 130 parlamentari peruviani siano legati al traffico di droga, causando grandi polemiche.

Diversi esponenti politici, soprattutto i sostenitori dell'ex presidente Alberto Fujimori, leader di destra ora in carcere, hanno espresso la loro indignazione. Alcuni hanno anche minacciato di fargli causa.

'Qui lo sanno tutti, ma nessuno vuole ammetterlo.'

La figlia di Fujimori, Keiko, è la favorita nella corsa alla presidenza, con un vantaggio di 20 punti sul rivale più vicino. Gran parte della sua campagna elettorale è incentrata sulla controversa eredità politica del padre. Keiko, però, evita di parlare del traffico di droga. Il suo ufficio stampa ha detto a VICE News che in questo momento non sta rilasciando interviste.

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Nel frattempo, Kenji Fujimori, fratello di Keiko e parlamentare Fujimorista, nel 2013 è rimasto coinvolto nella scoperta di 100 chili di cocaina in un magazzino di cui era comprorietario, nella città portuale di Callao. Ha dato la colpa alla compagnia di spedizioni che aveva affittato la struttura.

"Qui lo sanno tutti, ma nessuno vuole ammetterlo," dice Antezana riguardo al crescente ruolo dei soldi della coca nelle istituzioni pubbliche del Perù.

"Quando dico tutti, parlo dell'establishment. I cittadini hanno capito. Questo è un paese in cui migliaia di persone, forse anche due milioni, vivono grazie al traffico di droga."

Stando agli ultimi dati delle Nazioni Unite, il Perù è oggi il secondo produttore di cocaina al mondo.

Nel 2014 in Perù venivano coltivati circa 42.900 ettari di coca, l'ingrediente chiave per la produzione della cocaina. Nello stesso anno la Colombia ha ottenuto il primo posto nella classifica dei produttori di coca grazie a un incremento del 44 per cento - che alcuni attribuiscono agli effetti inattesi del processo di pace - che coinvolgono oggi 69.000 ettari di territorio. La Bolivia, unico altro paese a produrre simili quantitativi di coca, ne ha coltivati 20.400.

Mentre la produzione di coca della Colombia rifornisce di cocaina gli Stati Uniti, la coca prodotta in Perù e in Bolivia viene distribuita in tutto il mondo. I loro mercati includono Tokyo, Londra e il Brasile, il secondo mercato dopo gli Stati Uniti — dove un impasto di cocaina poco costoso, parzialmente lavorato e che crea una forte dipendenza, chiamato bazuco o paco, è molto diffuso nelle favelas.

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Circa metà della coca del Perù viene coltivata nella valle dei fiumi Apurimac ed Ene (VRAE secondo l'acronimo spagnolo), una zona accidentata e senza leggi dove si intersecano la foresta amazzonica e le pendici delle Ande orientali, vicino al confine con la Bolivia.

È anche la zona dove vivono gli ultimi membri del gruppo ribelle Sendero Luminoso, che ha scatenato una guerra civile negli anni Ottanta e Novanta in cui sono morte 70.000 persone. Il gruppo ha poi abbandonato l'idea di una rivoluzione maoista, e fornisce invece protezione ai trafficanti di droga del posto, lanciando imboscate contro i soldati dell'esercito e addirittura abbattendo qualche elicottero militare.

Gran parte della cocaina prodotta nel VRAE entra direttamente in Bolivia attraverso aerei leggeri o "escursionisti" che si trascinano dietro mattoncini di droga attraverso la frontiera.

Altri itinerari per portare la droga fuori dal Perù seguono il confine con il Brasile - più di 1.000 chilometri nella foresta amazzonica - o partono da diversi porti sul Pacifico e dall'aeroporto internazionale di Lima, dove la cocaina viene nascosta nei trasporti merci o trasportata dai corrieri — che generalmente guadagnano 3.000 dollari per trasportare circa due chili di droga.

Antezana vuole che l'opera del governo si concentri sui flussi finanziari dei narcos e delle sostanze chimiche usate per produrre la cocaina.

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"I corrieri e gli 'escursionisti' sono l'obiettivo principale della strategia anti-droga. Loro sono in fondo alla piramide del potere, il proletariato plebeo del settore," ha detto. "Perché in Perù non sono stati colpiti più pezzi grossi, come in Colombia o in Messico?" si chiede.

Una delle figure più importanti del passato, che riforniva il boss colombiano Pablo Escobar, era Demetrio Chávez, detto "Vaticano." È stato rilasciato all'inizio di febbraio dopo 22 anni di carcere, e ha immediatamente dichiarato di aver pagato 50.000 dollari al mese a Vladimiro Montesinos, il decaduto consigliere sulla sicurezza di Alberto Fujimori.

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Oggi si pensa che il più importante leader del traffico di cocaina in Perù sia il 32enne Caracol, che molti considerano ancora più ambizioso.

Il boss della droga è stato rilasciato dal carcere il 3 ottobre 2014, grazie a una riduzione di pena atta ad affrontare il problema del sovraffollamento. Ha scontato in prigione 12 anni - su 15 totale - di una condanna per tentato omicidio, rapina e traffico di droga.

Alcuni affermano che il direttore del carcere lo abbia personalmente accompagnato fuori dal carcere di Sarita Colonia, fino al porto di Callao. Ma il dettaglio più significativo è che i pubblici ministeri avevano richiesto che il boss rimanesse in carcere, sulla base di nuove accuse di traffico di droga, solo alcune ore prima che fosse liberato.

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Sono seguite una serie di recriminazioni reciproche e una caccia all'uomo dell'Interpol sia in Brasile che in Ecuador. Alla fine, il direttore della prigione Julio Magán ha accusato i pubblici ministeri e la polizia di non aver avvertito il suo ufficio del nuovo caso aperto nei confronti di Caracol.

Anche mentre era dietro le sbarre, Caracol avrebbe continuato a dirigere il Barrio King. I peruviani, tuttavia, hanno iniziato a capire quanto il suo ruolo fosse davvero importante solo una volta uscito dal carcere.

Le intercettazioni raccolte da Constellation, un programma di sorveglianza anti-droga finanziato dalla US Drug Enforcement Administration (DEA), sembrano confermare che l'organizzazione di Caracol usasse gli elicotteri militari per trasportare cocaina dal VRAE a Callao.

"Portatela con l'elicottero… al presidio qui a Lima, e con una macchina ufficiale, di stato, va bene?" dice uno dei sospetti affiliati di Caracol in una registrazione pubblicata dalla stampa pochi giorni prima di Natale. "Dal presidio lasceranno la merce davanti alla porta di casa tua."

Né la Polizia nazionale del Perù, né l'agenzia anti-droga Devida hanno risposto alla richiesta di commento di VICE News riguardo alle intercettazioni.

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Caracol sarebbe anche il mandante di un'ondata di violenza che ha colpito Callao, causando 140 omicidi nel 2015. Le uccisioni hanno spinto il governo a dichiarare lo stato d'emergenza a dicembre.

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Questo implica la sospensione temporanea di alcuni diritti costituzionali, permettendo per esempio ai poliziotti di perquisire le case senza un mandato. Durante i primi due giorni, 2.000 poliziotti armati hanno riempito le strade di Callao e arrestato 240 sospetti membri delle gang.

Caracol avrebbe anche orchestrato l'attacco dello scorso aprile contro Geraldi Oropeza, detto "Tony Montana," il suo principale rivale nel controllo delle rotte della cocaina nel porto di Callao.

Nella zona centrale di Lima, alcuni uomini hanno attaccato la Porsche nuova fiammante di Oropeza con fucili automatici e granate, mentre l'uomo tornava da un viaggio d'affari a Cancun, in Messico.

Oropeza è sopravvissuto ma il suo impero - e i suoi legami politici - si sono velocemente degradati a causa della visibilità provocata dall'attacco. È sparito dalla circolazione e alla fine è stato arrestato in un villaggio turistico in Ecuador, a settembre.

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Oropeza è in carcere in attesa del processo, in cui è accusato di traffico di droga. È emerso che diversi membri della sua famiglia facevano parte del partito APRA di Alan García, che è stato Presidente dal 2006 al 2011 e che è candidato anche alle elezioni di quest'anno.

Una ditta di pulizie di proprietà del boss della droga ha firmato diversi contratti del valore di 149 milioni di sol (circa 39 milioni di euro) per la manutenzione degli uffici dei procuratori generali. I contratti sono stati in gran parte stipulati durante il governo di García.

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In un'altra intercettazione, che sarebbe stata registrata durante una telefonata fatta da un cellulare in prigione, Oropeza avrebbe detto che "zio Alan" sarebbe venuto a salvarlo.

García - la cui campagna elettorale è stata minata dagli scandali legati alla vendita a trafficanti di droga di certificati di grazia presidenziale da parte dei suoi collaboratori - nega qualsiasi legame con Oropeza.

"Stanno gettando fumo negli occhi," ha scritto su Twitter. "Il Congresso ha già certificato che non ho avuto alcun guadagno illecito… Non sono lo zio di nessuno."

Secondo Soberón, l'ex re dell'anti-droga che ha dovuto lasciare nel 2011 per essersi opposto all'eradicazione forzata delle piantagioni di coca, il rapporto tra la seconda storia di García e il traffico di droga si aggiunge a "una bomba di coincidenze pronta ad esplodere."

Soberón ritiene che in Perú ci siano circa 15 boss della droga del livello di Oropeza o Caracol — e ognuno di loro controlla uno specifico punto di uscita per la cocaina peruviana, guadagnando decine di milioni di dollari.

Siamo molto lontani, ad esempio, dal signore della droga messicano Joaquín "El Chapo" Guzmán e dagli altri boss miliardari in Messico o in Colombia, dove operazioni su larga scala integrate verticalmente controllano gran parte del mercato della cocaina, dalla produzione alla vendita.

"Il modello peruviano funziona per i messicani perché possono avere a che fare direttamente con qualcuno del livello di Caracol," spiega Soberon. "E lui si preoccupa di tutto quello che è al di sotto di lui, incluso l'acquisto della coca direttamente dai produttori."

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Finora in Perù non si è registrata la quantità di omicidi che ha sconvolto la Colombia e il Messico — i trafficanti peruviani sembrano fare affidamento più sulla corruzione che sui proiettili. Ma questo potrebbe cambiare con l'avvento di una nuova generazione di trafficanti senza remore, guidati da Caracol, le cui supposte ambizioni includono la fondazione del primo vero "cartello" del paese.

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Soberon dubita che i candidati alla presidenza - soprattutto coloro che hanno già avuto esperienze di governo - vogliano affrontare il problema.

Oltre a García e a Keiko Fujimori - che ha svolto il ruolo di "first lady" per il padre alla fine della sua presidenza negli anni novanta/duemila - l'ex Presidente Alejandro Toledo e l'allora Primo Ministro di Toledo, Pedro Pablo Kaczynski, partecipano alla corsa per la presidenza.

"Non siate così svergognati," dice Soberon rivolto ai candidati. "Non parlate di quello che farete per combattere il traffico di droga quando non avete fatto nulla quando eravate già al potere."

'Nessuno dei politici vuole toccare il problema della corruzione, anche coloro che non sono coinvolti nel traffico di cocaina.'

L'esperto di sicurezza Antezana prevede che il Perù si troverà ad affrontare un "periodo buio."

Oltre alle elezioni presidenziali, avverte che in almeno metà delle 26 regioni del Perù sono in corsa narco-candidati per i governi locali o per il Parlamento nazionale, e buona parte dei candidati rimanenti non rifiuterebbe del denaro per le campagne elettorali se questo venisse offerto.

"Nessuno dei politici vuole toccare [il problema della corruzione], anche coloro che non sono coinvolti nel traffico di cocaina," dice Antezana. "Sanno che le borse piene di soldi, anche se sono solo briciole, potrebbero arrivare a loro per finanziare le campagne elettorali."


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