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ordine pubblico

La polizia ha presentato al governo la lista della spesa per reprimere meglio le proteste

Daspo, tonfa e proiettili di gomma: manifestare in Italia potrebbe diventare sempre più difficile.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Foto di Riccardo De Luca/VICE Italia

Secondo l'Associazione Nazionale Funzionari di Polizia (Anfp) la gestione dell'ordine pubblico in Italia - nella sua conformazione attuale - sarebbe ormai inadeguata e non più al passo con i tempi.

È quanto emerso nel corso della presentazione del volume socio-statistico Dieci anni di ordine pubblico, tenutasi ieri mattina a Palazzo Chigi. Secondo i dati contenuti nel libro, nell'arco degli ultimi nove anni il numero delle manifestazioni sarebbe cresciuto di quasi il 19 per cento (nel 2014 ce ne sono state 9.490), mentre il numero di agenti feriti sarebbe aumentato del 70 per cento, passando da 230 casi nel 2005 a 391 nel 2014.

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Alla luce di questi numeri, la segretaria dell'Anfp Lorena La Spina ritiene che la polizia non sia messa in condizioni di far fronte "a una media di 24 manifestazioni al giorno di rilievo per l'ordine pubblico." Le forze dell'ordine avrebbero così bisogno di una nuova cornice normativa entro cui muoversi, nonché di armi e strumenti più adeguati per controllare meglio le manifestazioni di piazza.

Per questi motivi, dunque, l'Anfp ha presentato una lunga lista di richieste—molte delle quali a dir poco controverse.

Da un punto di vista normativo, i funzionari di polizia hanno ribadito la contrarietà al codice identificativo per gli agenti impiegati in contesti di ordine pubblico, che "si potrà concretizzare solo quando il livello degli degli strumenti legislativi e tecnici a disposizione potrà garantire un contesto di legalità non manipolabile."

Sotto questo aspetto l'Anfp è in ottima compagnia, visto che da parecchi anni i tentativi di approvare il codice sono naufragati o languono in Parlamento, nonostante l'esplicita esortazione del Parlamento Europeo contenuta in una risoluzione del dicembre 2012.

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Al contrario, l'associazione si è detta favorevole all'introduzione sia dell'arresto differito (misura contenuta nel discusso ddl sulla sicurezza urbana presentato lo scorso settembre) che del "Daspo di piazza," ossia un provvedimento preventivo - ricalcato sul Daspo sportivo - da applicare a un soggetto la cui "pericolosità sociale possa dirsi 'qualificata' da un sostanziale abuso del diritto di manifestare."

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La proposta in sé non è nuova: da tempo forze politiche di opposto orientamento hanno manifestato l'intenzione di trasformare la piazza in uno stadio e i manifestanti in ultras; e dopo gli scontri del 1 maggio a Milano, il ministro Alfano ha annunciato di stare lavorando a "divieti preventivi come avviene per le partite di calcio." Peccato che, come avvertono diversi giuristi, una misura del genere – che in sostanza è una criminalizzazione del dissenso politico – sarebbe quasi sicuramente incostituzionale.

Tra l'altro, una simile insistenza nel voler ampliare o rivedere le norme sull'ordine pubblico è per un certo verso abbastanza curioso.

Negli ultimi anni – ha sottolineato la sociologa Donatella Della Porta, autrice di importanti saggi su polizia e ordine pubblico – per scoraggiare le proteste si sono infatti usati in modo massiccio "strumenti meno brutali delle manganellate, ma egualmente efficaci" come fogli di via, divieti di dimora e pene pecuniarie. In tutto ciò, aggiunge Della Porta, non va dimenticato che "i poteri di polizia sono cresciuti da un lato grazie alle leggi sul terrorismo, dall'altro in relazione all'hooliganismo del calcio."

Per quanto riguarda l'equipaggiamento, invece, l'Anfp chiede che vengano messi in dotazione nuovi scudi con materiali più resistenti, "uniformi paracolpi," "fondine anti-furto," radio hi-tech, e vecchie conoscenze come il tonfa, usato – con gli esiti che tutti conosciamo – per le strade di Genova durante il G8 e dentro la scuola Diaz.

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Tutta questa nuova strumentazione sarebbe resa necessaria dal fatto che, scrive La Spina nella prefazione del libro, "la polizia risente della carenza di strumenti utili a limitare le occasioni di contatto con i manifestanti, occasioni che si rivelano quasi sempre molto pericolose e tali da mettere a repentaglio la sicurezza dei nostri operatori e dei terzi."

(Un poliziotto durante la manifestazione del primo maggio a Milano. Foto di Stefano Santangelo/VICE Italia)

Quello di limitare al massimo il contatto con i manifestanti – almeno in determinate circostanze, come ad esempio è successo a Cremona nel gennaio del 2015 o al corteo No Expo – è una strategia di cui i vertici di polizia hanno parlato apertamente dopo le manganellate gratuite agli operai dell'Ast Terni nell'ottobre del 2014.

Stando a quanto riportato dalla stampa, le nuove "regole d'ingaggio" volute dal capo della polizia Alessandro Pansa avrebbero appunto l'obiettivo di "evitare il contatto"—anche mediante l'utilizzo di "dispositivi e equipaggiamenti 'alternativi' al manganello."

Proprio a questo proposito, l'Anfp ha chiesto di valutare l'impiego di due "equipaggiamenti alternativi" ben precisi: i primi sono i fucili "marcatori," armi ad aria compressa che "sparano sfere di plastica contenenti vernice colorata per rendere possibile l'identificazione dei facinorosi e dei violenti;" i secondi sono i proiettili di gomma.

Nell'articolo di Repubblica si dice che, se "affidati a personale rigorosamente addestrato," i proiettili di gomma sono sostanzialmente innocui e "hanno grande efficacia deterrente contro i violenti." In realtà, la storia ha dimostrato che quest'arma è tutt'altro che "innocua."

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In Irlanda del Nord, ad esempio, diciassette persone hanno perso la vita tra gli anni Settanta e Ottanta a causa dei proiettili di gomma sparati della forze dell'ordine. Più recentemente, l'abuso di questi proiettili è emerso con forza in Spagna, dove dagli anni Novanta in poi nove persone state uccise (l'ultima nel 2012, nei Paesi Baschi), e trenta persone sono state ferite gravemente.

Nell'arco di tre anni, dal 2009 al 2012, solo in Catalogna ben sette persone hanno perso un occhio. Tra queste c'è Nicola Tanno, un italiano trasferitosi a Barcellona e protagonista di un'incredibile vicenda che lui stesso ha raccontato nel libro Tutta colpa di Robben.

Tanno si trovava in Plaça d'Espanya durante i festeggiamenti per la vittoria della Spagna ai Mondiali di calcio del 2010, quando all'improvviso i Mossos d'Esquadra (la polizia autonoma catalana) avevano iniziato a caricare la folla. Mentre cercava rifugio in un bar, Nicola era stato colpito in un occhio da un proiettile di gomma sparato dalla polizia. Capirà di averlo perso solo una volta in ospedale.

Nello stesso anno Tanno fonda l'associazione "Stop bales de goma," che riunisce altre vittime e inizia a fare pressione pressione politica per arrivare all'abolizione dei proiettili di gomma.

"È un'arma di un'altro secolo, direi: assolutamente arbitraria, sproporzionata e che determina abusi enormi," dice Tanno a VICE News. "Qualsiasi azione posta in essere dalla polizia dovrebbe causare un danno minore di quello che si vuole evitare. Ma alla fine, per quanto i mezzi d'informazione non lo dicano, un contenitore dell'immondizia vale meno dell'occhio o di un organo di un essere umano."

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In Spagna, continua Tanno, i proiettili di gomma sono stati usati "per terrorizzare le persone e non farle scendere in piazza per manifestare. Quando è esploso il movimento degli Indignados, ad esempio, l'attività repressiva della polizia è stata violentissima. È chiaro che l'obiettivo era quello di spingere le persone a stare in casa."

A cinque anni di distanza, Tanno non ha ancora avuto giustizia. "Per due volte il mio caso è stato archiviato e riaperto," racconta a VICE News. "È sempre stato stabilito con chiarezza il fatto che sono stato colpito senza che io avessi fatto nulla, senza che me la 'fossi cercata.'" Le indagini sono state estremamente difficili sia per "l'omertà della polizia," sia perché all'epoca non c'era ancora il codice identificativo. A ogni modo, attualmente i poliziotti sotto indagine sono due; per il risarcimento dei danni è in corso una trattativa con la polizia e l'assicurazione.

Nel 2013, se non altro, l'obiettivo politico è stato raggiunto: il parlamento catalano ha proibito l'uso dei proiettili di gomma. E a un anno e mezzo di distanza dall'abolizione di un'arma che in Spagna ha causato lesioni permanenti a dei nostri connazionali, è veramente paradossale che in Italia si stia parlando seriamente di adottarla.


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