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Cosa è cambiato in Italia rispetto al 1986

Abbiamo provato a rispondere alla domanda da un milione di punti.

A quanto pare abbiamo toccato il fondo e nel 2013 torneremo a guadagnare quello che guadagnavamo 27 anni fa, nel 1986, quando Pupo era il Capo e le sopracciglia erano LE sopracciglia. La notizia in sé—il fatto che l'Italia stia nella merda—non stupisce più di tanto. Ci porta però a riflettere su una cosa: se i soldi che guadagniamo sono gli stessi (anzi, molti di meno) c'è qualcosa che è davvero cambiato nel nostro Paese tra la metà degli anni Ottanta e oggi?

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Proviamo a rispondere a questa domanda da un milione di punti:

COSTUMI SESSUALI

Non possiamo parlare dei costumi sessuali degli anni Ottanta senza prendere in considerazione due fatti fondamentali: per prima cosa, in quel periodo la produzione cinematografica ha contribuito a creare tutte le figure stereotipate che ancora non riusciamo a rimuovere dal nostro immaginario; secondo importante punto, negli anni Ottanta si è diffusa in maniera impressionante la terrorizzante ansia di avere, o poter contrarre, o poter venire a contatto con l'AIDS. Questo secondo fenomeno, oltre a indurre una grandissima frustrazione, ha contribuito ad aumentare la "divisione in classi" dei costumi sessuali. Così all'epoca il ragazzo bello e biondo andava con la ragazza bella e bionda, lo sfigato con l'apparecchio andava con la sfigata con il gesso al braccio, il gay era il gay e certe volte era il gay con l'AIDS. Certo che in quegli anni almeno si avevano LE IDEE BELLE CHIARE.

Oggi quelle idee così chiare non ci sono più e la tanto acclamata libertà sessuale si trasforma in un flusso di coscienza esistenziale che va dal "non faccio sesso al primo appuntamento perché è da zoccola" a "faccio sesso in parlamento ma non è da zoccola" o "sono contrario ai matrimoni tra omosessuali ma mi guardo i porno con le teen-ager che si infilano una pala nell'ano reciprocamente." Tutto tranne che idee chiare, direi. Al giorno d'oggi, lo stereotipo assume così la dimensione massificata di una libertà sessuale globale e frustrazioni sempre più grandi nel profondo del cuore, che lacerano la nostra identità e ci fanno dimenticare cos'è l'amore.

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POLITICA

Sviscerare retrospettivamente un’epoca passata e trovarvi le origini delle condizioni presenti è, in realtà, sempre una scoperta dell’acqua calda, o addirittura una forzatura: certi rapporti causa-effetto sono generalmente piuttosto ovvii. In questo caso, però, a fare raffronti tra la situazione politica del 1986 e quella odierna, è più evidente la tendenza, praticamente eterna, per cui l'Italia rimane ficcata in dinamiche sempre uguali. In uno stato perennemente in crisi, ma mai davvero precipitato nell’abisso tombale che sembra spettargli, oggi come allora gli equilibri politici sono determinati da una rete fittissima di accordi anche estremamente contraddittori, di gente che tira da una parte, di spintarelle, ripicche e, ovviamente, corruzione.

Negli anni Ottanta c’era Craxi, e l’86, penultimo anno del suo primo mandato, fu anche quello in cui decise di non tenere più fede agli accordi presi con la Democrazia Cristiana, e l’anno dopo quelli gli levarono la fiducia. Il governo, infatti, era retto da un improponibile patto tra DC e Socialisti, in una coalizione che abbracciava posizioni diversissime (anche all’interno dello stesso partito), tutte amiche in nome dello stare al governo, del promettere riforme che avrebbero reso più moderno ed efficiente l’apparato statale oltre a migliorare la vita dei cittadini. Guardatevi intorno, ora: il paesaggio politico su cui più probabilmente ci andiamo ad affacciare consisterà in un’alleanza post-elettorale tra PD/SEL—completamente ignari della fetta di elettori che li sceglieranno convinti di votare a sinistra—e la "nuova" DC di Monti. Anche in questo caso si tratterà di un patto tanto assurdo quanto impossibile da onorare senza contraddire completamente le promesse fatte in campagna elettorale. A segnare una netta differenza, invece, è il fatto che l’erede naturale di Craxi sia completamente tagliato fuori da uno schieramento del genere, a suo modo ideologicamente (ahem) più coerente, oltre che molto più rincoglionito.

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Sempre nell’86 accadde un fatto dalle implicazioni politiche molto grosse: l’arresto—con condanna all’ergastolo—di Michele Sindona, membro della P2 con alleati mafiosi e amici in Vaticano, salutato una decina d’anni prima da Andreotti come “salvatore della lira.” A personaggi simili, come Cosentino e Dell’Utri, oggi è stata giusto negata la possibilità di entrare in parlamento. Vedremo come andrà a finire.

TENDENZE GIOVANILI

Usare l'espressione "tendenze giovanili" fa male, molto male, ne sono consapevole, ma lo faccio proprio per sottolineare che non sto parlando di giovani in generale, ma di "consumo". La moda di metà anni Ottanta è la stessa di certi servizi di moda di fine Duemila, quando la Moncler si è rotta le palle di non uscire dall'immaginario anni Ottanta, e lo staff creativo ha detto, "Sai che c'è? Facciamo finta che sono gli anni Ottanta DI NUOVO." In quel momento è iniziata la riscoperta dei Paninari, i ragazzini ricchi con un vocabolario imbarazzante, vestiti seguendo una moda americana (inesistente negli USA) ibridata col gusto italo-tamarro, che per tutti gli anni Ottanta avevano bazzicato tra i licei e le università private milanesi e i Burghy, e Wendy's, e tutte le catene di fastfood che una volta facevano pensare al progresso.

Ora i ragazzi alla moda preferiscono spendere 12 euro per un hamburger che spesso ha un sapore insoddisfacente, ma vuoi mettere la crema di funghi e il groviera e il pane con i semi di girasole? Vuoi mettere il potenziale cupcake che potremmo prenderci se non fosse che ci siamo spesi tutto in 'sto hamburger? Sono gli stessi che indossano look scandinavi (inesistenti in Scandinavia) e che parlano di moda con la faccia meno indurita del Paninaro, ma con altrettanta serietà. La differenza sembra stare nel fatto che mentre prima i giovani consumavano mode con l'esplicita convinzione di conformarsi a un gruppo sociale di riferimento, adesso sembrano farlo con la presunzione di volersi distaccare da qualsiasi gruppo, consapevoli, in realtà, dell'impossibilità di poterlo fare.

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TELEVISIONE
In 27 anni la TV è diventata la versione più gonfia di un ricordo giovane e paninaro, ma non è cambiata, e questo perché chi nel 1986 faceva televisione, o è morto o non ha mai smesso di farla. Prendiamo un esempio illustre per chiarire il concetto: Stefano Jurgens, mente autoriale dei capolavori della TV italiana degli ultimi trent'anni. Lui dalla sedia degli studi televisivi di Italia 1, Canale 5 e Rete 4 non se n'è mai andato. Nel 1986 manovrava già Premiatissima, il Pranzo è servito e La Corrida, quella di Corrado. È grazie a gente come lui se oggi esistono ancora personaggi come Enzo Paolo Turchi e Paola Perego, facce di cui non ci siamo mai liberati e che a vent'anni di distanza sono diventati i protagonisti di sofferenze anali e BETTARINI!?! Riuscito a palleggiarsi gli anni Novanta tra Sereno Variabile e Tira e Molla andando dritto in meta con prodotti TV che hanno fatto dell'italiano medio una persona sostanzialmente inutile—Ciao Darwin, La Corrida, senza Corrado, e Domenica In—adesso Jurgens fa Avanti un altro!, di Bonolis, testimonianza concreta che persino lui deve essersi stancato di Jurgens. Ma è solo uno dei tanti, di persone di cui parlare ce ne sarebbero a strafottere.

Qualcosa in realtà è cambiato rispetto agli anni Ottanta, ed è il fatto che ora se la televisione italiana fa schifo non dobbiamo preoccuparcene più di tanto. Grazie, internet, per averci permesso di mandare serenamente a fanculo i vari Jurgens del caso.

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DROGA

La storia "consumo di droghe negli anni Ottanta", lo sappiamo tutti, ha una fondamentale parola chiave: EROINA. A dire il vero, nella seconda metà del decennio l'uso di questa sostanza inizia, molto molto lentamente, a diminuire o, quantomeno, a cambiare forma. La siringa comincia a fare seriamente paura: il contagio da HIV sta raggiungendo i suoi massimi storici e, fino al 1992, la percentuale di nuovi contagiati causa buco sarà intorno al 60 percento. Nel frattempo, la lussuosa cocaina conosce una piccola esplosione grazie a tutta quella generazione di giovani cazzoni sfondati di soldi su cui Christian De Sica, proprio nell’86, farà un film. Assolutamente emblematica di questi due mondi è Milano, quella da bere e quella da pere.

Oggi la coca è ancora e sempre più protagonista, ed è diventata praticamente il tipo di droga più facile da reperire. La qualità del prodotto, manco a dirlo, si è abbassata più velocemente dei prezzi. La svalutazione della coca come Status Symbol è stata, allo stesso tempo, causa ed effetto della svalutazione suo principale contesto di riferimento: da un mondo ancora circondato da un'aura di figaggine ed eccentricità, siamo passati allo stile Hollywood (il locale)/Lele Mora/Lapo Elkann. L’MDMA invece è diventato praticamente un simpatico energy drink per far durare la serata un po’ di più, mentre i molleggiati da ketamina appaiono in calo. L’eroina, invece, non è mai sparita. Certo, adesso campa nel ghetto delle province più sfigate, soprattutto come sonnifero per i crackomani che non trovano il modo di comprarsi il Tavor.

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Quello che davvero si è maturato in anni di esperienza stupefacente è una maggiore e più generalizzata consapevolezza, per cui è più difficile scivolare nella dipendenza tout court, da bestia dello zoo di Berlino, e, allo stesso tempo, ancora più facile cadere in un modello che sembra a tratti ancora peggiore, quello del trashume spanato capace di risultare quasi normale.

MUSICA 
La musica e la TV hanno seguito più o meno le stesse strade: ovvero stesse facce, solo più vecchie e con idee gradualmente meno originali. Il problema è che dalla metà dagli anni Ottanta era già cominciata una parabola ascendente di pacchianità, in cui a molti è sembrato di dover reagire agli altissimi livelli tecnico-compositivi raggiunti nei due decenni precedenti con un intero decennio in cui fondamentalmente si era autorizzati a mandare tutto in merda.

Oggi la tendenza a mandare tutto in merda è, come dire, "standardizzata", e in Italia il grande cantautorato è stato sostituito da scrittori di smemorande. Dall'altro lato del ponte ci sono cantautori complicati, complessati, persone che stavano male e lo devono esprimere con un arrovellamento linguistico senza senso. Ecco qualcosa che non capisco davvero della musica del giorno d'oggi: la sua inutile, tendenziosa, verbosità. Non sto parlando solo di Tiziano Ferro o Vasco Brondi. Purtroppo sto parlando anche di lui, Jovanotti. Nell'anno 1986 tu, JOVANOTTI (è così che ti chiami e così che ti chiamerai per sempre) non esistevi ancora, eri ancora nella fase embrionale che ha preceduto i tuoi anni migliori, gli anni in cui parlavi un linguaggio bisillabico e per il resto del tempo saltavi. Ora sei un profeta delle masse perché riesci a mettere un aggettivo vicino a un avverbio, sembri gesù, ma la cosa peggiore è che salti ancora.

Sembra che alla fine non sia cambiato molto, o meglio, che tutti i cambiamenti abbiano solo contribuito a dare un'illusione, risultando più che altro nel mantenimento dello status quo. L'unica cosa che non si può far finta di cambiare infatti è rimasta uguale: sto parlando dei soldi e del fatto che rimarremo con le pezze al culo ancora per parecchio.

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