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Dentro la devastante filiera produttiva dell'eroina in Messico

Dai coltivatori di papaveri che guadagnano a malapena i soldi per vivere, alle famiglie costrette ad abbandonare i propri villaggi a causa dalla violenza dei cartelli — i vincitori nel mercato dell'eroina messicano sono davvero pochi.
Foto di Laura Woldenberg/VICE News

Memo è un giovane agricoltore di Guerrero, in Messico. Il suo sogno è quello di coltivare peperoncini; nel suo campo, però, cresce soltanto papavero da oppio.

Il motivo della scelta è semplice: i guadagni sono più alti. Tuttavia il business non è così redditizio come sembra, e i rischi sono molti.

Questo agricoltore - di cui non riveleremo il vero nome per motivi di sicurezza - gestisce un piccolo appezzamento di terra vicino a Jaleaca de Catalán, un villaggio incastonato tra le montagne dello stato messicano di Guerrero.

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Non è difficile prendersi cura dei papaveri, che riescono a produrre fino a tre raccolti l'anno. Il lavoro consiste nell'intagliare i semi immaturi per far fuoriuscire la resina lattiginosa, che diventerà gomma di oppio dopo l'essiccazione all'interno di alcune lattine di succo.

Nonostante le operazioni di eradicazione dell'esercito si siano intensificate negli ultimi anni, Memo riesce ancora a estrarre un chilo di gomma di oppio dai suoi papaveri, per un valore di 870 dollari. Per sintetizzare un chilo di eroina - che negli Stati Uniti ha un valore di mercato che va da 25.000 a 70.000 dollari - sono necessari 15 chili di gomma di oppio.

Alla fine, al coltivatore arrivano in tasca 45.000 pesos all'anno, poco più di 2.600 dollari. Meno del doppio del reddito minimo messicano, che è considerato uno dei più bassi al mondo.

Memo non si sta arricchendo con il business dell'eroina. Del resto, lungo la catena che parte da Guerrero e finisce sulla punta degli aghi dei tossicodipendenti americani, i 'vincitori' sono pochissimi.

La storia dell'oppio messicano ha inizio alla fine del 19esimo secolo, quando la manodopera cinese venne impiegata nella costruzione della linea ferroviaria dello stato di Sinaloa. Sono poi subentrati i produttori locali, e negli anni Quaranta gli affari hanno iniziato a decollare — apparentemente, per rispondere alle esigenze dei soldati americani impegnati nella Seconda guerra mondiale.

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Oggi stiamo assistendo a un nuovo boom, spinto dalla crescita dei farmaci oppioidi, più costosi e difficili da procurare dell'eroina.

Attualmente il Messico è il principale fornitore della sostanza per gli Stati Uniti, nonché il terzo produttore di oppio al mondo. Stando al Rapporto Mondiale sulla Droga dell'ONU, nel 2015 a guidare la classifica è stato l'Afghanistan, dove viene coltivato l'85 per cento dell'oppio globale, seguito dalla Birmania, con l'otto per cento.

Leggi anche: Negli Stati Uniti l'eroina uccide i bianchi più di ogni altro — e nessuno sa perché

La coltivazione di oppio messicano è concentrata nelle zone montuose di Guerrero e nel cosiddetto 'Triangolo d'Oro' che comprende gli stati di Sinaloa, Durango e Chihuahua.

Tradizionalmente qui viene prodotta la "black tar", un'eroina poco costosa e di bassa qualità consumata principalmente nell'America sud-occidentale. La varietà più pura e costosa della sostanza è la "china white," solitamente prodotta in Colombia e venduta nel nord-est degli Stati Uniti.

Da alcuni anni, però, si sta osservando un'inversione di tendenza. I cartelli della droga messicani, infatti, hanno iniziato a sintetizzare la qualità più pura puntando a penetrare nuovi mercati.

La scia di devastazione lasciata dalla droga parte dai campi di Guerrero, dove storicamente le coltivazioni erano sotto il controllo del cartello Beltrán Leyva — fino a quando tutti i suoi leader sono stati arrestati o uccisi, e nel 2009 il gruppo ha iniziato a sciogliersi. Da allora diverse fazioni - tra cui i Rojos, i Guerreros Unidos e gli Ardillos - hanno dato vita a una guerra per il territorio che sta rendendo la vita impossibile alle popolazioni civili.

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Foto di Laura Woldenberg/VICE News

Tra il 2011 e il 2015 in Messico 281.418 persone hanno dovuto abbandonare la propria casa per sfuggire alla violenza del narcotraffico. I dati sono stati resi noti dalla Commissione Messicana per la Difesa e la Promozione dei Diritti Umani. Gli abitanti dello stato di Guerrero rappresentano il 21 per cento degli sfollati.

Azucena vive in un campo profughi situato vicino all'autostrada che collega i resort di Acapulco e di Zihuatanejo. L'accampamento ospita 160 residenti di San Miguel Totolapan, una municipalità della Tierra Caliente di Guerrero.

Nel 2013 Azucena e la sua famiglia sono fuggiti dalla cittadina, dove neanche le forze di sicurezza hanno il coraggio di andare. Allora aveva solo 17 anni. La famiglia ha deciso di scappare una notte, quando ha capito di non poter più sopportare le minacce degli uomini armati che circondavano la città.

"Siamo sgusciati via di nascosto attraverso le montagne. Abbiamo attraversato un fiume per non farci trovare. Non abbiamo preso niente, solo i vestiti che indossavamo e un po' di soldi," ricorda Azucena. "Abbiamo camminato tutta la notte e dormito poco, ma abbiamo continuato a viaggiare per tre giorni."

La famiglia ha abbandonato tutti i propri averi: la casa, la terra, il bestiame e i documenti. Azucena spiega che l'unica cosa che rimane sono le ceneri della casa a cui i narcos hanno dato fuoco, e il ricordo della sua vecchia vita circondata da manghi e cocchi. Oggi dormono sul pavimento e non hanno neanche l'acqua corrente. I suoi genitori abitano in una piccola stanza costruita con legno e fogli di metallo.

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Foto di Laura Woldenberg/VICE News

"Il Messico non ha mai avuto una struttura politica o di sicurezza che possa limitare o annientare le organizzazioni criminali," sostiene Guillermo Valdés, ex capo dei servizi segreti messicani. Secondo lui, invece, lo stato avrebbe messo in atto una "politica schizofrenica" che alterna periodi di repressione a un atteggiamento tollerate. "Il permissivismo del governo messicano ha reso queste organizzazioni molto potenti, più delle istituzioni locali."

Leggi anche: L'età dell'oro del traffico di droga: così meth, cocaina ed eroina si spostano nel mondo

Nel frattempo le campagne di eradicazione dei raccolti lasciano i poverissimi agricoltori senza nessun mezzo di sostentamento. E non è abbastanza per impedire alla gomma di oppio e all'eroina di raggiungere il confine americano. Secondo i dati dell'agenzia doganale, infatti, tra il 2009 e il 2015 i sequestri di eroina lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti sono aumentati del 40 per cento.

"Utilizzano veicoli sofisticati, tunnel, persone… non si fermano mai," dice Anthony Williams, agente della DEA, riguardo ai metodi impiegati per trafficare l'eroina negli Stati Uniti. "I cartelli messicani hanno aumentato la loro produzione. C'è una nuova generazione di consumatori di eroina, perché oggi la sostanza costa meno degli oppioidi legali."

Foto di Laura Woldenberg/VICE News

Secondo le stime dell'Ufficio Nazionale per il Controllo della Droga, negli Stati Uniti ci sono un milione e mezzo di consumatori di eroina.

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Come Nate, che vive per le strade di Los Angeles e dorme sui resti di un vecchio divano incastrato tra due cassonetti della spazzatura. È un ragazzo giovane con gli occhi azzurri, ma la sua dipendenza dagli oppioidi è iniziata quando era ancora un bambino e assumeva i farmaci antidolorifici del padre. È passato all'eroina perché costava meno, e adesso ha bisogno di due dosi al giorno.

In America il valore del mercato ammonterebbe a 27 milioni di dollari. A detta del Centro per il Controllo delle Malattie, le morti connesse all'uso degli oppioidi sono quadruplicate tra il 2002 e il 2014.


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