lampredotto firenze migliore
Tutte le foto di Pietro Viti per Munchies
Cibo

Il mio insano tour per scoprire i migliori lampredotti di Firenze

Un lungo viaggio nella cultura del quinto quarto a Firenze: fra inimicizie secolari, "bolliti del Pacciani", e fiatella. Tanta fiatella.
Niccolò Carradori
Florence, IT
I nostri insani food tour in tutta Italia, alla ricerca del cibo di strada migliore o ricette iconiche senza tempo.

Nel dicembre del 1135 Enrico I d'Inghilterra, nonostante il medico di corte glielo avesse espressamente vietato, si strafogò di lamprede fino a che non gli venne un coccolone. Un po' come James Gandolfini con la pina colada e il fois gras. Nonostante sia un pesce la cui bocca ricorda vagamente un orifizio anale pieno di denti, infatti, la lampreda all'epoca era considerata una vera squisitezza. Il piatto eletto della nobiltà europea.

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Al di là della radice etimologica, il lampredotto è di fatto l'abomaso, il quarto e ultimo stomaco del bovino. Tradizionalmente è un piatto casereccio che rientra a pieno titolo fra le varie tipologie italiane di bollito del quinto quarto

E lo era ancora durante Rinascimento, quando a Firenze si pescavano in Arno le lamprede fluviali, e si portavano sulle tavole dei nobili e dei ricchi banchieri. Una pietanza da status sociale ossessivo, tanto che nei mercati rionali fiorentini, con smacco ironico, si cominciò a vendere la sua versione povera: il lampredotto. Una frattaglia bovina le cui pieghe violacee ricordavano la bocca della lampreda, e che ancora oggi è lo street food più caratteristico della città.

Ho scoperto che i canoni di valutazione del lampredotto, nonostante si stia parlando di un semplice panino, sono piuttosto numerosi.

Al di là della radice etimologica, il lampredotto è di fatto l'abomaso, il quarto e ultimo stomaco del bovino. Tradizionalmente è un piatto casereccio che rientra a pieno titolo fra le varie tipologie italiane di bollito del quinto quarto, ma ad un imprecisato punto del Novecento i trippai fiorentini—che con i loro carretti su tre ruote vendevano per lo più trippa da mangiare in cartoccio—cominciarono a servirlo come cibo da passeggio, all'interno di un panino toscano, il sèmelle.

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Foto di Pietro Viti per Munchies

Ora: non voglio sembrare eccessivamente cerimonioso, ma il lampredotto è uno street food con una sua liturgia precisa, e una storia fatta di rivalità accese. Come per ogni ambito sociale toscano, infatti, anche il lampredotto si presta alla faida: guerre intestine, strada per strada, quartiere per quartiere, su come deve essere cucinato per rispettare la tradizione, e per decidere quale sia il miglior trippaio della città. E ho scoperto che i canoni di valutazione, nonostante si stia parlando di un semplice panino, sono piuttosto numerosi.

In giro troverai sicuramente dei trippai che ti diranno che esistono milioni di segreti per cucinare il lampredotto, e che ognuno ha i suoi. Ma la verità, secondo me, è che la differenza la fa la scelta della carne.

Innanzitutto si valuta la carne: i lampredotti vengono comprati già bolliti, perché per legge sono le aziende che macellano l'animale a dover trattare il prodotto per prime. Ma l'abomaso esiste di due qualità (di mucca e di vitello), e presenta due parti anatomiche: la gala (più magra e saporita), e la spannocchia (avvolta da un vello di grasso, e dal sapore più tenue e lungo). La tipologia scelta, le diverse proporzioni di gala e spannocchia che il trippaio decide di inserire, e la finezza che dimostra nel tagliarle al coltello, segnano i primi confini netti. A cui si aggiunge, subito dopo, la questione "sbucciato".

Per lampredotto sbucciato si intende un panino fatto interamente con la gala, a cui viene tolta ulteriormente la membrana scura che la avvolge. Per alcuni è come fare una tag a bomboletta sulla tiara papale, per altri è il metodo migliore per degustarlo. Essendo una frattaglia, poi, il lampredotto ha un caratteristico sapore di interiora: c'è chi lo preferisce più forte, e chi sostiene che un gusto più tenue e delicato indichi un prodotto meglio lavato e conservato.

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E stiamo parlando solo del prodotto principale: poi c'è la metodologia per fare il brodo in cui il lampredotto viene ribollito, il pane utilizzato per servirlo (rossetta? barchetta? foglia?), le salse, e le varianti a cui si presta. Come ad esempio in inzimino (con bietole in umido), alla cacciatora, rifatto (con stufato di pomodoro e patate), all'uccelletto (con salsiccia e fagioli), ai porri, ai carciofi, e via e via. Insomma, a Firenze il lampredotto è una cosa seria.

TRIPPERIA POLLINI

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Tripperia Pollini

Visto che per degustare il lampredotto serve una certa street credibility, e che rischiavo l'infarto intestinale, prima di uscire per il reportage ho scelto di indossare un bomber col cappuccio, super tamarro, come Ciro Di Marzio l'Immortale. Dopodiché ho inforcato una biciclettina pieghevole da hipster, riazzerando la street credibility, e già dalle nove di mattina stazionavo vicino ad uno dei chioschetti più famosi di Firenze, quello della famiglia Pollini. Una colonna dorica del lampredotto.

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La tripperia Pollini si trova in via de Macci, vicino al mercato di Sant'Ambrogio, e di prima mattina Pierpaolo—che ha ereditato l'attività dal nonno—aveva già alzato la tavola frontale del chiosco, e iniziato a preparare tutto quello che gli serviva. Quando sono arrivato non gli è ancora stato consegnato il pane, quindi ho ingannato il tempo facendomi raccontare la sua tecnica. "In giro troverai sicuramente dei trippai che ti diranno che esistono milioni di segreti per cucinare il lampredotto, e che ognuno ha i suoi. Ma la verità, secondo me, è che la differenza la fa la scelta della carne. Io cerco di concentrarmi sulle materie prime, nel modo più semplice possibile, e di lavorarle meglio che posso."

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Bisogna essere svelti a mangiare un lampredotto: sopra i 10 minuti rischi di ritrovarti in mano della minestra di pane

Mentre parlavamo è arrivato il fornaio, e Pierpaolo mi ha messo davanti agli occhi una rosetta. "Vedi ad esempio il pane: io scelgo questo, ma chiedo al fornitore di cuocerlo leggermente di più. Perché la tenuta del panino è fondamentale nel lampredotto, altrimenti con l'inzuppata si rovina."

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L'inzuppata è l'ultimo passo del confezionamento di un panino col lampredotto: dopo aver adagiato la carne sul pane, e averci messo le salse, la parte superiore del panino viene bagnata leggermente nel brodo di cottura. È un passo fondamentale—perché serve ad arricchire di ulteriori sapori, e a dare una diversa masticazione—, e rappresenta la pennellata d'autore di un vero lampredottaio. Serve equilibrio, per lasciare ben croccante la crosta del pane (ed è il motivo per cui, maestria del trippaio o meno, bisogna essere svelti a mangiare un lampredotto: sopra i 10 minuti rischi di ritrovarti in mano della minestra di pane).

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Per cominciare mi sono fatto preparare quello che potremmo definire il "lampredotto standard". Un classico panino di abomaso bollito in brodo vegetale, arricchito con salsa verde e salsa piccante. Che è il modo in cui i clienti ordinano il 90 percento dei panini al lampredotto. Sarà che non lo mangiavo da tempo, sarà che era il primo del tour, ma il sapore della carne mi è sembrato quasi perfetto. Era deciso, di frattaglia vera, ma non ti lasciava in bocca alcun richiamo di lezzo. Era molto tenero, tagliato finemente, e le parti di spannocchia erano ben bilanciate. L'inzuppata, poi, era stata fatta alla perfezione.

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L'ANTICO TRIPPAIO

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L'Antico Trippaio

Una volta finito ho rinforcato la mia bicicletta da hipster, e dopo appena 10 minuti già stavo masticando il secondo lampredotto della giornata. A pochissima distanza da via de' Masi, in piazza de' Cimatori, si trova infatti l'Antico Trippaio. Un altro chiosco molto rinomato della parte iper-centrale di Firenze.

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Stavolta non ero l'unico cliente presente di prima mattina: al banco ho trovato un signore che faceva colazione con lampredotto, e ho voluto immortalare con lui, fratello di quinto quarto, questo grande momento da stomaci di amianto.

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Mentre il simpatico gestore del chiosco, Maurizio—che 22 anni fa, insieme al fratello Roberto, ha ereditato l'attività da uno zio che la gestiva da oltre 40 anni—mi spiegava tutte le caratteristiche del lampredotto, mi sono fatto preparare un altra versione standard. Per cominciare a creare un primo termine di paragone.

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Il risultato era buono, ma un po' meno rispetto al primo. Il lampredotto era morbido, ma meno saporito, e i vari tagli risultavano leggermente più grossolani. Che non è un problema per la gala, ma che può essere fastidioso per la grassezza della spannocchia. La salsa verde, però, era forse la più buona che io abbia mai assaggiato. "La facciamo con 12 verdure diverse, attraverso una ricetta che abbiamo messo a punto noi, e non la puoi trovare da altre parti," mi ha detto Maurizio.

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Antico Trippaio Firenze

Per omaggiare il lampredotto, infine, mi sono fatto ritrarre dal fotografo mentre mangiavo il panino nella strada dove abitava Dante Alighieri. Che vedendomi con quel bomber da spaccino deve essere stato molto orgoglioso di me.

TRIPPAIO DEL PORCELLINO

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Non è che fossi già pieno, ma anche il terzo trippaio della giornata distava solo qualche decina di metri. Quindi mi sono preso una piccola pausa, osservando la fauna che si aggirava per Piazza del Mercato Nuovo. Gli avventori del chioschetto, nonostante fosse la prima parte della mattina, erano già molti. Un po' perché il lampredotto è effettivamente un'ossessione dei fiorentini, e un po' perché il Trippaio del Porcellino è uno degli storici chioschetti del centro. Di quelli che perpetrano una tradizione inossidabile.

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Il padrone storico è Orazio, diventato famoso per aver sconfitto Chef Rubio in Unti E Bisunti, ma a servirmi è quello che suppongo essere il figlio. A cui faccio l'errore di chiedere uno sbucciato. "Lo sbucciato non è il vero lampredotto, è solo una trovata che serve a migliorare un prodotto di bassa qualità. Si fa solo quando si acquista un lampredotto di mucca, più anziana e quindi con una carne più dura. Se il trippaio investe in un buon lampredotto di vitello, per lui non ha senso scendere di peso nel prodotto, sprecando carne. Il panino poi, così facendo, perde sapore."

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Lampredotto in inzimino,

Effettivamente aveva ragione: nonostante fosse molto buono—il pane mi piaceva di più rispetto agli altri—le bietole coprono molto il sapore del lampredotto, che ti arriva solo alla fine. Questo test, però, mi ha dato modo di approfondire ulteriormente il concetto di "lampredotto classico", ed è con questa idea che mi sono diretto verso la quarta tappa del tour.

I' TRIPPAIO DI FIRENZE

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La biciclettina da hipster cominciava a rivelarsi una scelta infausta per attraversare il centro di Firenze, con i suoi lastricati di pietra medievale. Mi richiedeva il doppio della fatica di una bici normale, e il sellino era così morbido che credo di essermi lussato il perineo. In compenso, però, era un buon modo per smaltire i panini: stavo per mangiare il quarto della giornata, e non erano nemmeno le 11 di mattina.

Questo trippaio mi è stato segnalato perché oltre ad un ottimo lampredotto offre anche diverse specialità di quinto quarto, fra cui il crostino alla poppa, e un fantomatico piatto noto come "il bollito del Pacciani".

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Crostino alla Poppa (mammella della mucca)

La tappa di mezzo del tour era all'inizio di Via Gioberti, sul limitare di Piazza Beccaria. Lì si trova I' Trippaio di Firenze, che mi è stato segnalato perché oltre ad un ottimo lampredotto offre anche diverse specialità di quinto quarto che volevo assaggiare per la prima volta. Fra cui il crostino alla poppa (la mammella della mucca), e un fantomatico piatto noto come "il bollito del Pacciani".

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Ad accogliermi è stato un ragazzo estremamente gentile e disponibile, che mi ha illustrato tutta la storia del lampredotto. Non era il titolare del chiosco, ma si capiva che ha una grandissima passione per il proprio lavoro. Quando gli ho chiesto di servirmi la versione più classica possibile, mi ha spiegato che i puristi fiorentini pretendono quasi esclusivamente la spannocchia, "condita solo con sale e pepe. Niente salse." Tutti i vari bagnetti per il bollito, infatti, non hanno origini toscane, e non possono far parte della tradizione.

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Il lampredotto che mi ha servito è stato il primo che ha davvero creato problemi al primato Pollini: il pane era in assoluto quello che mi è piaciuto di più—inzuppato benissimo, e croccante anche dopo diversi minuti—e nonostante fosse composta quasi esclusivamente di spannocchia, e senza salse, la carne era ottima e tagliata scientificamente. Preso dall’entusiasmo, quindi, ho provato anche un crostino di poppa, che si è rivelata essere più ostica di quanto mi aspettassi.

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Il retrogusto formaggioso della mammella fredda ha colpito un po’ troppo forte i miei recettori gustativi, quindi l’ho appioppata subito al fotografo, che invece ha gradito. Ho quindi ammainato il mio orgoglio da mangiatore di frattaglie, rinunciando a provare il “bollito del Pacciani”, chiamato in realtà Bollito Erotico. “Si chiama così perché è fatto solo con le parti erogene della mucca: lingua, poppa, matrice (tube e ovaie), e ‘buho di hulo’”.

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IL TRIPPAIO DI PORTA ROMANA

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Il Trippaio di Porta Romana

A detta di tutti quelli con cui ho parlato, il chiosco di Mario in Porta Romana ha fatto la storia del lampredotto. Da alcuni anni però si è ritirato, e la sua eredità è stata raccolta da due novelli trippai che stanno ottenendo molto successo fra i clienti, e qualche critica dai colleghi (critica che, nonostante non possa rivelare la fonte, mi è stata fatta personalmente).

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Quando io e il fotografo siamo arrivati era quasi ora di pranzo, e il banchetto era circondato da studenti e lavoratori in pausa. I titolari del chiosco si sono dimostrati molto gentili, mi hanno illustrato la loro offerta—oltre al lampredotto e alla classica trippa, si possono provare un sacco di altri piatti a base di bolliti e frattaglie—e mi hanno preparato un lampredotto alla cacciatora. Ovvero con una salsa rustica di pomodoro e olive nere denocciolate.

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Il pane che hanno scelto di utilizzare è la foglia, che tiene bene l’inzuppata, e il sugo che hanno preparato era saporito e sapido, ma non copriva il sapore del lampredotto, che usciva bene.

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Nel complesso, un ottimo panino al lampredotto. Io, poi, tifo fortemente per questi trippai self-made-man, perché sono contrario alle lobby.

LA BUTICCHÈ DEL LAMPREDOTTO

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La Buticchè del Lampredotto

Restando in Oltrarno, ma rientrando all’interno delle mura antiche, mi sono diretto in San Frediano. Dove si trova La Buticchè del Lampredotto (storpiatura toscana di boutique), in Piazza de’ Nerli. Altro chioschetto di sangue blu, questo lampredottaio si trova inoltre nel cuore del quartiere più fiorentino di Firenze (sì, esistono anche faide su quale sia il quartiere più fiorentino di Firenze).

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Simone, il gestore, è molto rispettato fra i suoi colleghi, e mi fa subito capire che è un purista del lampredotto. Quando gli chiedo uno sbucciato—sto facendo un reportage, devo provare tutto—non me lo nega, ma mi guarda con pietà. Me lo prepara in modo standard, con salsa verde, servito all’interno di una panino a foglia.

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Spreco un po’ questa tappa, e non consento a Simone di esprimersi pienamente, perché lo sbucciato si rivela essere una versione light di un vero panino al lampredotto. Che, come se non bastasse, costa anche di più rispetto al classico. C’è solo la parte magra, che è tenera e tagliata bene, ma che non ha lo stesso sapore persistente di stomaco che un vero amante del lampredotto ricerca. L’informazione più importante che ne traggo, quindi, è che per un buon lampredotto la spannocchia è fondamentale. Mi avevano avvertito.

AURELIO I’ RE DEL LAMPREDOTTO

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Per l’ultima tappa del tour, mi sono tenuto il vincitore del contest 2018 sul lampredotto, Aurelio. Che si trova a Rifredi, nella prima periferia di Firenze. Un grande food truck, parcheggiato in Piazza Bernardo Tanucci.

Per me il lampredotto che ha un sapore troppo persistente non è stato trattato bene. Ogni giorno mi sveglio alle cinque e faccio il brodo nuovo, cosa che non fanno sempre tutti.

Aurelio è il nome di un altro lampredottaio storico di Firenze, che qualche anno fa è andato in pensione, e adesso la sua araldica è rappresentata da un giovane titolare pieno di entusiasmo, e da una brigata di colleghi gentili e disponibili. Ci tengo subito a dire che Aurelio, per posizione, clientela, e atteggiamento dei trippai, è forse il chioschetto più “tipico” che ho visitato. Non era asserragliato di turisti come i lampredottai del centro, e mentre intervistavo il titolare continuavano ad arrivare affezionati che pranzano lì ogni giorno.

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Oltre al clima familiare, poi, da Aurelio c’era una varietà di scelta praticamente infinita: lampredotto ai carciofi, all’uccelletto, in inzimino, con tartufo bianco, alle ortiche, e anche la carbonara di lampredotto. “Io personalmente sono della scuola dei puristi, e consiglio il lampredotto classico a chi lo prova per la prima volta. Ma le varianti sono importanti, e noi cerchiamo di offrirne sempre di migliori”

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Aurelio appartiene alla scuola della rosetta, e mi ha servito un lampredotto all’uccelletto e uno ai carciofi. Entrambi eccellenti, soprattutto nella seconda variante. Rispetto ad altri, il sapore del suo lampredotto era più delicato, e tenue, e mandava un ottimo profumo di bollito. “Per me il lampredotto che ha un sapore troppo persistente non è stato trattato bene. Ogni giorno mi sveglio alle cinque e faccio il brodo nuovo, cosa che non fanno sempre tutti. E ho una mia tecnica per mantenere il prodotto il più possibile in brodo, prima di servirlo.”

Aurelio lampredotto tipologie

Alla fine di questo viaggio, mi sento di poter esprimere qualche piccolo giudizio sui gradi di comando del Lampredotto a Firenze. Fra quelli che ho provato, per motivazioni diverse, i migliori a parimerito sono tre: Pollini, I’Trippaio di Via Gioberti, e Aurelio. Subito dopo vengono la Buticchè, Porta Romana, e il Trippaio del Porcellino. Leggermente distanziato l’Antico Trippaio, anche se la sua salsa verde resta la migliore.

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