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La madre americana che ha creato una milizia per combattere i cartelli messicani

Nestora Salgado è stata liberata venerdì: è leader di una delle più note milizie di autodifesa, nate per contrastare le violenze delle gang e per sopperire all'inefficienza delle autorità locali.
Foto via Marco Ugarte/AP

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Il Guerrero è uno dei stati più pericolosi del Messico. Per gli abitanti del luogo, esacerbati dalle violenze delle gang locali, proteggersi da soli è diventato quasi un obbligo — che spesso rischia di sfuggire di mano.

La storia di Nestora Salgado, uscita di carcere da pochi giorni, è - in questo senso - esemplare.

Nestora è una madre americana che da anni capeggiava una milizia di autodifesa, formata da lei e altre decine di persone con l'obiettivo di combattere i cartelli narcos della sua regione.

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La donna ha raggiunto la notorietà internazionale nel 2012, quando visitando la sua città natale, Olinalà, improvvisò una manifestazione contro i narcos locali.

Da allora è diventata il volto noto di un movimento più vasto: una milizia di autodifesa nata in quello stesso anno in risposta ai fallimenti delle autorità, ritenute non in grado di contenere la violenza delle gang locali.

Col tempo, però, ad alcuni è venuto il sospetto che la donna si stesse spingendo forse un po' troppo in là: a quel punto sono arrivate le accuse di sequestro di persona - di innocenti locali - e l'arresto, da parte dell'esercito, nell'agosto del 2013 — che le è costato la detenzione in un carcere di massima sicurezza.

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La donna è uscita di prigione venerdì in mezzo dopo due anni e mezzo di carcere, tra due file di fan acclamanti, sorridendo nella sua 'uniforme' e sventolando una pistola ad aria compressa. Scortata da familiari e membri della milizia - anch'essi in divisa -, si è poi allontanata dalla struttura penitenziaria che la ospitava, a Città del Messico.

In una conferenza stampa indetta dopo la liberazione, Salgado ha ringraziato tutti per il supporto, promettendo di liberare dal carcere altri vigilantes e quelli che definisce "prigionieri politici," che secondo lei ammonterebbero a circa 500 unità.

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"Non mi fermerò finché non sarà ottenuta la liberta dei 500 prigionieri politici attualmente detenuti qui in Messico," ha spiegato. "Sì, ho paura. Ma voglio morire combattendo."

Salgado, famiglia e avvocato sostengono che la sua incarcerazione sia stata illegale, e privata di un giusto processo.

Il movimento per liberare Salgado ha ricevuto un vasto supporto internazionale. Un report del 2015 stilato dall'Inter-American Commission on Human Rights ha condannato le condizioni in cui era ridotta in prigionia: quell'anno, un panel di cinque persone del gruppo di lavoro che si occupa di detenzioni arbitrarie per le Nazioni Unite ha ammesso che la donna dovesse essere liberata.

Un tribunale messicano ha quindi fatto cadere le accuse e dichiarato che Salgado dovesse essere scagionata dall'accusa di sequestro di persona. Tre nuovi avvisi di garanzia, però, l'hanno poi costretta dietro le sbarre fino alla settimana scorsa.

Nestora Salgado durante la conferenza stampa dopo il suo rilascio (Foto di Nathaniel Janowitz/VICE News.)

Il suo rilascio è stato un momento importante per il movimento di vigilantes del Guerrero, che dall'arresto del suo leader in poi aveva perso influenza sul territorio e sui leader locali.

Lo stesso metodo è stato usato, da parte delle autorità, per indebolire un'altra milizia 'domestica', nata nel vicino stato del Michoacàn nel 2013, in risposta a quella che definivano un'inefficiente opera di contrasto nei confronti della criminalità locale da parte delle autorità.

Il più importante dei loro leader era Manuel Mireles, la cui storia ha ispiratio il film nominato all'Oscar "Cartel land" — che racconta come il movimento è entrato in affari coi gruppi criminali verso i quali si proponeva di scagliarsi.

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Mireles è ancora in carcere.

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Altre milizie autonome, omologhe a quelle di Salgado, nel corso degli anni sono state accusate di assassini, rapimenti e traffico di droga. Guerrero e Michocàn, gli stati dove si concentrano la maggior parte di questi movimenti, sono due delle aree più violente del Messico.

Il marito di Salgado, raggiunto da VICE News, ha spiegato la scorsa settimana che sua moglie avrebbe problemi di salute che le derivano da un vecchio incidente in auto, i cui effetti sarebbero peggiorati durante la prigionia. Ha aggiunto che si aspetta che torni negli Stati Uniti, dove si è trasferita negli anni Novanta.

Salgado ha confermato che tornerà negli USA, ma ha giurato che una volta ristabilita, farà ritorno a casa per combattere a fianco della sua comunità.

"Voi non conoscete le realtà delle comunità rurali," ha spiegato appassionatamente ai giornalisti durante la conferenza stampa, tra i cori dei supporter. "Ho deciso di intraprendere questa lotta perché non voglio più vedere così tante persone in questa situazione, vedere i bambini delle nostre famiglie venire abusati da criminali."

"Non sono ricca. Ma posso offrire il mio cuore alla mia gente."

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_Rogelio Velázquez _ha contribuito a questo articolo.__


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