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Come sono scappato dalla furia omicida delle pandillas

A soli 19 anni Juan è dovuto andarsene da El Salvador per salvarsi dalla sanguinosa guerra tra gang: l'abbiamo incontrato per farci raccontare la sua storia.
Juan fotografato dopo la nostra intervista (Foto di Maria Altimira/VICE News)

Juan aveva solo 19 anni quando è dovuto scappare da El Salvador. I banditi del Barrio 18, uno dei gruppi criminali più efferati del paese, l'avevano minacciato a mano armata davanti alla porta di casa.

"Erano in 15 e ne sono uscito vivo solo grazie all'aiuto di alcuni vicini che gli hanno urlato dalla finestra di lasciarmi in pace," ricorda il ragazzo con un filo di voce.

Non era la prima volta che Juan subiva minacce, ma fu in quel giorno che capì di doversene andare perché la sua famiglia era in pericolo. Entrò in casa per l'ultima volta e, pochi giorni dopo, lasciò il suo paese alle spalle.

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Juan era un personaggio molto conosciuto e amato nel suo quartiere, dove spesso organizzava attività sportive e culturali. Si impegnava anche in politica come membro del Forum dei Giovani Salvadoregni (FOJUSAL), un'associazione dedita a fare proposte legislative ai deputati nazionali.

"Sono stati proprio il mio impegno politico e i miei contatti a mettermi nel mirino delle pandillas," dice il giovane, "volevano che gli aiutassi, che lavorassi per loro, ma io mi sono rifiutato."

Chiusi in una dura lotta per il controllo del territorio, il Barrio 18 e la Mara Salvatrucha (MS-13), due bande criminali, stanno costringendo i residenti a partecipare al loro gioco al massacro.

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Arricchitesi grazie all'estorsione, al traffico di droga e di armi, sono loro a dettare legge in uno dei paesi più poveri dell'America Latina.

Nel 2015 il tasso di omicidi è salito fino a un centinaio di morti ammazzati ogni 100.000 abitanti. Tra di loro c'è anche il padre di Juan, ucciso per non essersi piegato al racket del quartiere.

"Me ne sono andato per evitare di danneggiare la mia famiglia, e loro hanno pugnalato mio padre. Gli hanno chiesto dei soldi dicendogli che se era riuscito a pagare il mio volo, allora avrebbe potuto pagare anche loro."

Dopo la morte del padre, Juan pensa che il suo ritorno in patria sia sempre più lontano. Oggi studia e lavora a Barcellona in attesa che la sua richiesta di asilo venga accolta.

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VICE News: Se non collabori ti uccidono, se non paghi ti ammazzano… Fino a che punto la vita dei salvadoregni è nelle mani delle pandillas?

Juan: Hanno un controllo enorme sulla popolazione e sul paese intero… Nel mio caso hanno quasi ucciso me e hanno ammazzato mio padre e una lunga lista di amici. Nessuno osa denunciare perché se lo fai qualche giorno dopo ritornano per strada. I poliziotti e i giudici hanno paura che loro possano minacciare le loro famiglie.

Ma il loro potere va oltre. Mi ricordo quando l'anno scorso il presidente [Salvador Sanchez Ceren] ha detto che le bande erano sotto controllo, e loro lo hanno sfidato per dimostrare il contrario. Hanno paralizzato i trasporti pubblici per mostrare il loro potere. Hanno vietato agli autisti di salire sui mezzi e hanno ucciso nove di loro per essersi opposti.

Quindi, ci sono riusciti?

Sì, ci sono riusciti perché sono loro a dettare le regole. Quando erano in corso i negoziati di pace si è scoperto che il governo aveva promesso di pagare un risarcimento economico se loro si facevano portare in carcere. Qui le gang comandano e la vita dei salvadoregni dipende da loro.

Raccontaci del giorno in cui hai temuto per la tua vita.

È stato uno scontro diretto. Ero uscito a fare delle compere verso le nove del mattino, quando solitamente le pandillas non sono per strada. Però, mi sono imbattuto in un gruppo di ragazzi del Barrio 18: appena li ho visti ho fatto dietrofront, ma loro mi hanno beccato e mi hanno seguito. Mi hanno intimato di fermarmi, ma io ho iniziato a correre. Quando mi sono voltato, mi sono accorto che erano armati.

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Una volta arrivato a casa i vicini si sono sporti dalle finestre per urlargli di lasciarmi in pace. Se ne sono andati, ma a quel punto mi sono reso conto che sarebbe stata una delle ultime volte che entravo a casa mia. Pochi giorni dopo ho lasciato il paese.

Perché hanno preso di mira proprio te?

Ero un giovane leader del quartiere. Conoscevo molta gente, avevo tanti contatti e il Barrio 18 mi aveva chiesto di lavorare per loro. Non potevo accettarlo e mi sono rifiutato… Uno dei miei obiettivi era sempre stato quello di offrire alternative ai giovani per allontanarli dalle bande. All'epoca il Barrio 18 e la Mara Salvatrucha si stavano già scontrando per il predominio del territorio costringendo gli abitanti a schierarsi con loro. È stato l'inizio dell'ondata di violenza.

Quando e perché hai cominciato?

Credo che tutto sia iniziato quando hanno ucciso una donna. Era nuova nel quartiere e aveva appena aperto un negozio vicino a dove lavoravo. Allora la zona era ancora territorio neutrale. Nessuna banda lo controllava perché per molti anni lì avevano vissuto i guerriglieri che poi diedero vita al Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale, un partito politico.

All'inizio la polizia ha provato a fermarli ma poi anche loro si sono dovuti arrendere. Nei mesi prima della mia partenza c'era almeno un omicidio alla settimana.

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Un giorno un ragazzo è entrato in negozio chiedendo una Coca alla signora prima di spararle in testa. Si è poi venuto a sapere che lei stava scappando dalle pandillas. Però, il problema era che due persone avevano visto l'assassino sull'autobus. Quindi anche loro sono stati uccisi per evitare che ci fossero testimoni. E così si è innescato il domino degli omicidi, dando il via alla violenza indiscriminata.

E da allora la violenza non si è più fermata?

Sì perché le due bande hanno voluto prendere il controllo della zona e hanno cominciato a fare pressione sui residenti perché si schierassero con loro. Sono stati anche distribuiti dei volantini con la scritta 'Barrio 18 o MS?' in lettere rosse per mettere bene in chiaro la situazione. Sono venuti a reclutare i ragazzi del quartiere che non lavoravano o studiavano. Mi ricordo che alcuni di loro sono venuti da me dicendomi: "Io non vorrei andarci". Ma non potevo fare nulla.

La situazione stava diventando pessima. All'inizio la polizia ha provato a fermarli, ma poi anche loro si sono dovuti arrendere. Nei mesi prima della mia partenza c'era almeno un omicidio alla settimana.

È in questo periodo che tuo padre è stato ucciso?

No, è stato nel luglio dell'anno scorso. Ero già a Barcellona da quattro anni. Mi ha chiamato mia sorella e me lo ha detto. Mi ha spiegato come i banditi avessero cercato di estorcere soldi ai miei genitori. Inizialmente hanno detto a mia madre che se lei fosse stata in grado di pagare il mio volo allora avrebbe dovuto dare soldi anche a loro.

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Lei lo ha fatto. Ma i banditi non si sono accontentati e hanno minacciato anche mio padre. Lui aveva sempre detto che preferiva morire piuttosto che pagare il pizzo. Si è rifiutato e loro l'hanno pugnalato all'uscita della chiesa. Me ne ero andato per salvare la mia famiglia, ma non è servito a niente.

Chi è stato? Il Barrio 18?

Sì, i membri del Barrio 18. Per diversi giorni ho pensato di provare a scoprire chi fosse stato. Nelle pandillas ho alcuni vecchi amici che non hanno avuto altra scelta che unirsi a loro. Poi, però, mi sono reso conto che non sarebbe servito a niente. Avrebbe generato solo altra violenza, alimentando quel filo che non finisce mai.

Si può uscire da una pandilla?

Generalmente no, se non si hanno le risorse economiche per andarsene. L'unico modo per alcuni è di entrare a far parte delle comunità religiose perché sono rispettate anche dalle bande. Ho un amico che è riuscito a lasciare la pandilla in questo modo.

Me ne ero andato per salvare la mia famiglia, ma non è servito a niente.

Tuttavia, la maggior parte delle volte non c'è via d'uscita. Nel documentario "La Vida Loca", il giornalista Christian Poveda ha spiegato come una volta le bande hanno prelevato un ragazzo da scuola per portarlo a chiedere il pizzo. È stato arrestato e ha passato del tempo in carcere. Quando è uscito non voleva entrare in una pandilla, ma solo vivere tranquillamente nel suo quartiere. Alla fine è stato ucciso.

È come se fossero segnati a vita?

Sì, è anche se volessero scappare, ad ogni modo sono contrassegnati con dei tatuaggi. Tutti i membri delle pandilla hanno dei tatuaggi e in America Centrale avere un tatuaggio equivale a essere una persone pigra, senza lavoro.


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