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Politică

La situazione economica in Russia è un casino totale

Con la caduta del Rublo e l'acuirsi della povertà tra i cittadini, non è chiaro come Putin voglia gestire quella che potrebbe diventare la più grave recessione russa degli ultimi decenni.
Foto Sergei Ilnitsky/EPA

L'economia russa si trova ancora impantanata in una recessione che lascia al Cremlino spazi di manovra limitati. Le riserve valutarie si stanno prosciugando e i prezzi per i beni di prima necessità continuano a crescere.

A metà 2013 - prima dell'annessione della Crimea, del coinvolgimento militare nell'Ucraina dell'Est, dell'imposizione di sanzioni da parte dei paesi occidentali e della caduta vertiginosa dei prezzi del greggio iniziata a giugno 2014 - il tasso di cambio della moneta russa corrispondeva a 30 rubli per un dollaro. Il tasso è sceso fino a un valore di quasi 72 rubli per un dollaro a inizio settembre; grosso modo lo stesso livello che aveva raggiunto a fine gennaio, quando le preoccupazioni sulle condizioni finanziarie del paese erano all'apice.

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Da allora la moneta ha recuperato leggermente, fino ad essere scambiato a 66 rubli per dollaro, riflettendo un miglioramento momentaneo dei prezzi del petrolio a livello globale che però sta già iniziando ad arrestarsi. Con i prezzi del greggio dimezzati rispetto a un anno fa, i settori base dell'economia Russia rimangono in una posizione precaria.

All'inizio dell'anno, mentre il rublo precipitava, il governo è intervenuto spendendo pesantemente per evitare che la valuta crollasse ulteriormente. Negli ultimi due anni, le sue riserve di moneta estera hanno perso 157 miliardi di dollari - circa un terzo del totale - stando ai dati ufficiali.

'È la crisi di un'economia che dipende troppo dalle importazioni e di un sistema di governo statalista corrotto.'

Ora sembra che il Cremlino stia permettendo che il rublo si muova in modo libero, e alcuni analisti prevedono che una futura caduta del prezzo del petrolio potrebbe portare la valuta ancora più in basso rispetto alla situazione di gennaio.

"Se analizziamo le fluttuazioni della valuta, queste seguono molto da vicino i prezzi del greggio e non la crescita generale o il PIL," ha detto a VICE News Jeff Mankoff, il vice direttore del programma Russia e Eurasia del Center for Strategic and International Studies.

La vendita di petrolio russo, generalmente trattata in dollari, rappresenta circa il 50 per cento delle entrate statali. In teoria, se i prezzi del petrolio dovessero rimanere stabili, una valuta nazionale debole potrebbe comportare ricavi maggiori in rubli per gli esportatori in Russia, dei quali i produttori di petrolio rappresentano lo spicchio più consistente. Infatti, permettendo un deprezzamento del rublo, il Cremlino ha aiutato alcuni produttori a migliorare i propri risultati finanziari, finché presentano i profitti in rubli.

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Ma l'economia del paese si è contratta del 4.6 per cento nel secondo quarto dell'anno, un valore misurato su base annua, e la caduta del prezzi del greggio è ciò che veramente conta. Questo ha complicato la tanto proclamata svolta verso la Cina come mercato di esportazione principale per i progetti energetici, considerato anche che la stessa economia cinese sta attraversando un calo.

"Se i prezzi del petrolio rimangono bassi a lungo, è possibile che la produzione di greggio diminuisca, come è già successo in passato," ha affermato il vice primo ministro Arkady Dvorkovich, secondo quanto riporta l'agenzia russa TASS. Questi tagli non sarebbero "significativi," ha fatto notare il membro del governo, anche a causa degli alti costi che comporterebbe far ripartire la produzione, temporaneamente sospesa.

Il CEO di Gazprom Alexei Miller (a sinistra) e il presidente CNPC Zhou Jiping (a destra) mentre firmano un accordo sul gas. Dietro di loro, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping. (Foto di Alexey Druginyn/RIA Novosti/EPA)

A maggio 2014, il gigante dell'energia russo Gazprom e la China National Petroleum Corporation (CNPC), compagnia petrolifera statale cinese, hanno firmato un contratto trentennale dal valore di 400 miliardi di dollari per l'esportazione di gas verso la Cina. Prima, i prezzi del gas erano fermi a 350 dollari per migliaio di metri cubi. Lo scorso mese Gazprom ha annunciato che i suoi prezzi d'esportazione medi saranno intorno ai 235-242 dollari—molto meno del previsto. I funzionari della società hanno ammesso di non aver negoziato un livello minimo dei prezzi nel corso della trattativa, secondo quanto riportato dal Financial Times, e alcuni analisti prevedono che i prezzi potrebbero precipitare fino a 175 dollari a mcm. Per la Russia, questo vuol dire perdere un sacco di soldi.

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"Più volte i cinesi hanno dimostrato di essere negoziatori molto abili," ha detto a VICE News Mark Galeotti, professore di Economia Internazionale alla New York University ed esperto di Russia. "In un certo senso i russi sono quasi nella posizione di uno che va al banco dei pegni: hai le argenterie di famiglia, sai che non ti faranno un buon prezzo, ma hai bisogno dei soldi subito."

La domanda di petrolio in tutto il mondo non ha tenuto il passo delle scorte disponibili, creando grosse difficoltà alle nazioni produttrici obbligate a far fronte a una netta diminuzione delle entrate. Nonostante gli appelli di stati membri come il Venezuela e l'Iran, l'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, meglio conosciuta come OPEC, si è finora opposta a un taglio della produzione per stabilizzare i prezzi, principalmente a causa dell'influenza dell'Arabia Saudita, che cerca di mantenere la sua fetta di mercato.

A oggi la Russia, che non aderisce all'OPEC ma ha spinto per una collaborazione, estrae poco meno di 11 milioni di barili di petrolio al giorno, il livello di produzione più alto dalla fine dell'Unione Sovietica.

A detta di Galeotti, la gente colpita dalla recessione in Russia può essere divisa in tre gruppi: i super-ricchi con conoscenze importanti, molti dei quali hanno tutelato i propri beni spostandoli all'estero; il ceto medio e gli imprenditori con l'acqua alla gola per il prosciugamento dei prestiti bancari; e la maggioranza dei russi per i quali i prezzi più alti per beni di prima necessità rappresentano un problema giornaliero e che sono sempre più impossibilitati a viaggiare all'estero.

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I numeri forniti dal governo dicono che lo stipendio medio in Russia si aggira sui 500 dollari—quasi la metà rispetto all'anno scorso. La Russia ha reagito alle sanzioni imposte dall'Occidente vietando molti beni occidentali e cercando di rimpiazzarli con prodotti locali o importati dalle ex repubbliche sovietiche le cui valute si avvicinano al rublo. Tuttavia, i prezzi continuano a salire in diversi comparti economici. La Banca Centrale Russa ha riportato che il potere d'acquisto dei cittadini russi è calato di oltre l'otto per cento nel secondo quarto del 2015 se paragonato con l'anno precedente.

"Se un tempo la frutta arrivava dalla Spagna o da altri paesi Occidentali, ora invece è più probabile che provenga dall'Azerbaijan," ha detto Galeotti. "Se guardi Russia Today [la televisione di stato], vedrai solo storie positive su come questo cambiamento sia fantastico. Ma c'è un limite a quanto i russi possono fare affidamento sui prodotti che sostituiscono le importazioni mancanti."

Le vendite al dettaglio hanno fatto registrare un crollo dell'otto per cento dall'inizio dell'anno. Alcuni studi recenti mostrano che i prezzi di abbigliamento e calzature potrebbero invece subire un'impennata del 20 per cento, causando un'ulteriore erosione dei consumi.

Anastasia Nesvetailova, direttrice del centro di ricerca politico-economica alla City University di Londra, sostiene che la crisi economica e la caduta del rublo garantiscono che questi rimangano problemi futuri.

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"Sarà una recessione molto lunga che può essere paragonata a quelle della fine degli anni '90 e '80. Non è una crisi scatenata solo da fattori esterni ma è una crisi dell'intero modello produttivo," ha detto Nesvetailova a VICE News. "È la crisi di un'economia che dipende troppo dalle importazioni e di un sistema di governo statalista corrotto."

Le autorità russe hanno già annunciato tagli e congelamenti degli stipendi su vasta scala per molti lavoratori statali. Lo scorso luglio Putin ha firmato un decreto per ridurre le forze di polizia del paese del 10 per cento. Con lo spettro della guerra in Ucraina e delle tensioni diplomatiche con l'Europa e gli Stati Uniti, la spesa militare è stata risparmiata dai tagli; il budget per la difesa è aumentato di quasi il 40 per cento tra il 2010 e il 2014. Alcuni si stanno domandando se la Russia può continuare a permettersi queste spese, viste le circostanze.

Nonostante le condizioni di vita del russo medio siano sempre piùdure, Vladimir Putin continua a raccogliere consensi. Si sono verificati scioperi sporadici e proteste non annunciate, ma pochi analisti vedono la possibilità che essi convergano in un vero e proprio movimento d'opposizione.

"La gente si lamenta dell'inflazione e nota che i prezzi stanno salendo, ma in generale non siamo di fronte a una situazione in cui ci sono movimenti sociali sono pronti a lottare," ha aggiunto Nesvetailova.

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Alcuni credono ancora alla teoria secondo cui la colpa delle difficoltà della Russia sarebbe da addossare solamente agli stranieri; come dimostrato da una serie di video in rapida ascesa che mostra la distruzione di cibi importati.

In uno dei video di maggior successo si vede Stas Baretsky, ex rockstar decisamente fuori forma, aggirarsi per un supermercato di proprietà francese dicendo di essere il ministro della cultura dell'Unione Cosacca.

Baretsky cerca delle marche straniere e raccogliere una lattina di pesce.

"Goldfish: è un'azienda russa?" chiede Baretsky. "Non mi sembra proprio."

A un certo punto Baretsky scova una birra straniera e chiede a un dipendente del negozio perché la bevanda si trovi "sul ripiano più visibile." Baretsky afferra poi la lattina di birra e la morde, distruggendo l'involucro e spruzzando birra ovunque.

Ma anche i migliori tentativi dei più ferventi nazionalisti del paese non cambiano il fatto che la Russia abbia bisogno di investimenti stranieri. Visto che le sanzioni hanno prosciugato buona parte del credito estero di cui necessitano le attività economiche, la Russia guarda alla Cina come un nuovo mercato per le sue risorse naturali. Da quando le sanzioni hanno colpito Mosca i funzionari russi hanno cominciato a considerare questi legami di vitale importanza.

A inizio settembre, in occasione di una visita di Putin in Cina per commemorare il 70esimo anniversario della sconfitta del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale, i due paesi hanno siglato una serie di nuovi accordi energetici.

Gazprom e CNPC hanno firmato un protocollo d'intesa su un progetto che prevede la fornitura di gas estratto nella Russia Orientale sul territorio cinese. Inoltre, secondo quanto riportato da Russia Today, Rosneft, la compagna petrolifera controllata dal governo russo, aumenterà le proprie esportazioni di petrolio verso gli stabilimenti petrolchimici cinesi fino a 4 milioni di tonnellate l'anno. Un affare che dovrebbe portare 30 miliardi di dollari nelle casse di Rosneft.

Tuttavia, nonostante l'entusiasmo mostrato dalle parti, rimangono alcuni dubbi sull'effettiva applicazione futura di questi accordi.

"L'economia cinese sta rallentando, e non si tratta solo di una piccola battuta d'arresto ma di un trend a lungo termine," ha detto Nesvetailova. "Nel corso di tutti questi negoziati i cinesi si sono dimostrati comprensivi delle richieste formali della Russia. Firmano gli accordi e vanno di fronte alle telecamere, ma in termini pratici sono molto scaltri e non hanno dato alla Russia ciò che realmente vuole."

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