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medio oriente

Questi leak rivelerebbero da dove provengono i soldi dello Stato Islamico

Alcuni documenti fatti trapelare dall'interno di IS forniscono uno spaccato esclusivo sulle finanze del gruppo.
Photo par Medyan Dairieh / VICE News

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È un fatto ben noto che l'autoproclamato Stato Islamico (IS) abbia creato le istituzioni tipiche di qualsiasi altra nazione: strutture scolastiche, una forza di polizia, un sistema mediatico professionale, un esercito. Ma come IS sia in grado di finanziare questi servizi è rimasto finora un mistero.

Ora però alcuni documenti fatti trapelare dall'interno di IS a ottobre forniscono uno spaccato esclusivo sulle finanze del gruppo.

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I dossier, provenienti dalla provincia siriana di Deir Ezzor, indicavano che se da una parte il gruppo non impone tasse ai propri cittadini, dall'altra li deruba per pagare gli stipendi dei suoi combattenti e altri costi operativi.

I documenti elecavano le spese e gli introiti della provincia tra il 23 dicembre 2014 e il 22 gennaio 2015. A renderli pubblici è stato Aymenn-al-Tamini, un membro del Middle East Forum nel Regno Unito che al momento opera sul confine siriano: si trattava, all'epoca, della prima volta in cui venivano pubblicati i bilanci di IS.

I libri contabili rivelano che in quel periodo IS si è assicurato un gettito di circa 7 milioni di euro nella provincia di Deir Ezzor, una zona della Siria orientale ricca di petrolio, sotto il controllo di IS dall'inizio del 2014. Il 45 per cento di questi fondi è alimentato da quelle che IS definisce "confische," mentre altre fonti di ricavo come il commercio, le tasse e la vendita del petrolio contribuiscono in misura ridotta.

"Se salti le preghiere per tre volte di fila, il tuo negozio viene confiscato," ha spiegato Tamimi. "Se trasporti prodotti vietati come le sigarette, gli ufficiali di IS requisiscono il denaro che hai addosso." La grande maggioranza di queste confische avviene in prossimità delle frontiere della provincia, dove pare che i combattenti siano soliti sottrarre ai viaggiatori i loro oggetti di valore promettendo in cambio un tragitto sicuro.

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Secondo Tamimi, "questa documentazione infligge un duro colpo alla propaganda di IS. Il fatto che gran parte dei loro guadagni derivi da furti li mette in cattiva luce."

Leggi anche: IS, ISIS, ISIL, Daesh: come dobbiamo chiamare l'autoproclamato Stato Islamico?

IS si dipinge come un miracolo di abilità politica. La propaganda del gruppo non celebra solo le vittorie militari ma anche la potenza del suo apparato burocratico. Nel corso dell'ultimo anno IS ha messo in piedi servizi basilari come la nettezza urbana, ma allo stesso tempo ha costituito un esercito permanente. Quinn Mecham, scienziato politico della Brigham Young University, ha perfino descritto il gruppo come una "start-up" islamica.

"L'idea di 'stare costruendo qualcosa' è fondamentale per i seguaci di IS", ha detto.

Ma i documenti fuoriusciti da Deir Ezzor mostrano quanto il progetto di costruzione dello stato sia ancora incerto. Circa il 63 per cento delle spese di IS - quasi 4 milioni e mezzo di euro - sono utilizzati per finanziare l'esercito sotto forma di stipendi e "spese di base." Un altro 10 per cento viene investito nel mantenimento delle forze di polizia. Ciò che rimane, circa 1 milione e 700 mila euro, serve per finanziare l'apparato burocratico di IS e i suoi servizi sanitari e sociali.

"Questo rende IS pericolosamente simile a uno stato fallito," ha detto Mecham, che comunque consiglia di porre grande cautela nell'interpretazione dei documenti. Negli ultimi mesi, Mecham ha cercato di quantificare le "capacità statali" di IS, un termine che gli scienziati politici usano per descrivere il funzionamento delle istituzioni di governo. Mecham ha stimato che IS sia il sedicesimo tra gli stati "più falliti" del mondo.

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"È più avanti di una dozzina di stati che siedono alle Nazioni Unite," ha detto. "Ma ad ogni modo non sta andando molto bene."

I documenti di Deri Ezzor aiutano ad approfondire i limiti di IS, specialmente per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse petrolifere. Dopo che IS si è insediato nella Siria del nord e in Iraq la scorsa estate, gli analisti si sono affrettati a stimare la ricchezza che il gruppo avrebbe potuto generare dai pozzi petroliferi e dai depositi bancari sequestrati nel suo nuovo territorio. Mentre il sequestro dei depositi bancari costituiva un'iniezione di denaro una tantum, i pozzi petroliferi potevano diventare una fonte rinnovabile di finanziamento in grado di tenere IS a galla per anni.

Una serie di calcoli, a ottobre 2015, fissava la produzione di greggio di IS a 44.000 barili al giorno, generando ricavi giornalieri di 3 milioni e mezzo di euro. Ma non ci sono documenti che certifichino queste stime.

Tra i pozzi petroliferi sotto il controllo di IS in Siria, quelli di Deir Ezzor sono i più produttivi. I libri contabili mostrano però una capacità estrattiva più debole di quello che si pensava.

"Se IS avesse capitali, forza lavoro e conoscenze tecniche, questi pozzi petroliferi potrebbero essere abbastanza redditizi," ha spiegato David Butter, un esperto di punta su risorse energetiche, economia e business del Medio Oriente alla Chatham House di Londra. "Ma quello rimane un grande se."

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Butter ritiene che i pozzi petroliferi a Deir Ezzor abbiano raggiunto l'apice negli anni Novanta e che ci sarebbe bisogno di grossi investimenti e capacità tecniche avanzate - maggiori rispetto a quelle possedute da IS - per poterli sfruttare nel 2015. Lui ritiene che al momento IS sfrutti i pozzi soltanto a metà, il che rende l'autoproclamato Stato Islamico, a livello economico ed energetico, più debole di quanto si pensasse. Dai documenti si evince che IS guadagna solo circa 58.000 euro al giorno dalle riserve di gas e petrolio di Deir Ezzor.

"La concezione comune dei guadagni di IS necessita di una prospettiva più seria e realistica sul ruolo che giocano le entrate da petrolio e gas," ha detto Tamimi. "Una calcolo più solido non fisserebbe quel reddito a più del 5 o 10 per cento [della stima di 3 milioni e mezzo di euro]".

Invece di far funzionare una macchina petrolifera sofisticata, è più probabile che IS ne spilli una piccola quantità, permettendo alla popolazione locale di guadagnare soldi extra come trafficanti di greggio.

"Non mi sorprenderei se stessero vendendo il petrolio direttamente ai commercianti per poco più di 4 o 8 euro al barile," ha spiegato Butter.

Tuttavia, se le cifre di Deir Ezzor sono affidabili, non sembra che IS possa avere problemi immediati di liquidità.

"[Lo Stato Islamico] ha tantissimi soldi," ha detto Daniel Glaser, vice segretario del Tesoro americano addetto all'analisi dei finanziamenti al terrorismo, a una tavola rotonda dell'Aspen Institute. Il Tesoro si occupa di rendere effettive le sanzioni americane conto IS e di tagliare le fonti di approvvigionamento del gruppo. I funzionari del Tesoro americano hanno rifiutato di farsi intervistare da VICE News o di commentare sui documenti di Deir Ezzor.

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Sebbene il Tesoro sia stato evasivo riguardo ai guadagni di IS, ad Aspen Glaser ha calcolato che i ricavi di IS dal petrolio si aggirano intorno ai 450 milioni di euro l'anno, una cifra che viene contestata da Tamimi.

I profitti derivanti dal petrolio rappresentano una questione chiave, perchè potrebbero fornire indicazioni sulla stabilità del modello economico—e l'immagine che arriva da Dier Ezzor non fa presagire bene. Oltre a trarre vantaggio dalle risorse petrolifere e le "espropriazioni," IS mette in atto un sistema di tassazione, che però contribuisce solo al 23 per cento delle entrate—ovvero meno della metà di quelle riconducibili all'industria del petrolio.

"Sarà difficile mantenere questo budget e mantenere il supporto delle popolazioni che cercano di controllare," ha detto Mecham. "La strategia non è positiva—prima o poi le cose da sequestrare finiranno."

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