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I cartelli messicani si stanno impossessando del business delle tortillas

L'industria di tortillas nello stato di Guerrero è stata completamente egemonizzata dai cartelli narcos, che uccidono imprenditori e impiegati, e usano i punti vendita come piazze di spaccio.
Foto di Daniel Ojeda/VICE News

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Samuel scappa lungo il ripido sentiero circondato da case blu e rosa. Il 20enne fa ampie falcate, zigzagando da un lato all'altro della strada. Bussa a ogni porta sperando che qualcuno lo faccia nascondere. Nessuno gli risponde.

Questa mattina La Laja, un quartiere povero e violento della città messicana di Acapulco, sembra improvvisamente deserto.

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Pochi attimi prima, tre uomini avevano fatto irruzione dentro Los Mangos, il negozio di tortilla dove Samuel lavorava, cominciando a sparare. Anche il suo unico collega, Rodolfo, era scampato a quei primi proiettili. Ma quando Rodolfo è scappato sul tetto, alcuni colpi l'hanno raggiunto alla schiena. Il suo corpo senza vita è caduto a terra dal primo piano, proprio davanti all'ingresso del negozio.

Samuel sa di essere il prossimo obiettivo mentre sfreccia lungo la strada sterrata. Uno degli uomini armati - che sembra avere la sua stessa età - prende la mira e spara con la sua pistola da nove millimetri. Ma lo manca.

Il momento di stallo permette a Samuel di raggiungere la strada asfaltata e di avvicinarsi a un incrocio che gli avrebbe permesso di uscire dalla linea di tiro del killer. Ma quando il ragazzo si trova a pochi metri dalla salvezza un proiettile gli buca il cranio facendolo crollare a terra.

Pensando che il lavoro lì sia finito, il killer se ne va.

Il sentiero percorso da Samuel per scappare. (Daniel Ojeda/VICE News)

Samuel, però, è ancora vivo. Quando la polizia arriva mezz'ora più tardi, il 20enne è sdraiato mentre sputa sangue e prega di non lasciarlo morire.

Qualche ora più tardi Samuel Sotelo Jurado muore in ospedale. È il 7 gennaio 2016.

La ricostruzione dell'omicidio di Samuel si basa sulle testimonianze raccolte da VICE News un mese dopo il tragico evento. Da allora il negozio di tortillas Los Mangos, e la sua porta rossa, sono rimasti chiusi. Alcuni vecchi cartelli di legno sono macchiati di quello che sembra essere sangue. Un portafoglio bruciato giace sul bancone. Non c'è nient'altro che possa indicare che due ragazzi siano stati ammazzati qui un mese fa, oltre alla paura che aleggia nell'aria.

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Il duplice omicidio di Los Mangos è solo uno dei tanti casi di morte riconducibili al conflitto tra i cartelli del narcotraffico nello stato meridionale di Guerrero, dove regna l'industria delle tortilla. Qui decine di gruppi criminali lottano per il controllo delle piantagioni di papavero da oppio sulle montagne e per i centri di smercio di droga nelle città.

Tre giorni prima altri due dipendenti di una negozio di tortilla erano stati uccisi a Cañada de los Amates, un altro quartiere di Acapulco. Altri due erano stati assassinati nella zona di Loma Bonita lo stesso giorno.

Il Los Mangos. (Daniel Ojeda/VICE News.)

I messicani, soprattutto quelli poveri, mangiano le tortillas ogni giorno. Ma in Messico il mais non è mai stato solo un alimento.

La centralità del mais nelle pietanze messicane è uno dei motivi principali che nel 2010 spinsero l'UNESCO a includere la cucina messicana nella lista dei patrimoni immateriali dell'umanità. La decisione seguì una campagna lanciata dal governo e sostenuta dal Grupo Gruma, una multinazionale che domina nella produzione e nella vendita della farina per tortillas, il cui direttore è noto come 'lo zar della tortilla'.

L'evento fu festeggiato con molto entusiasmo. Quattro anni più tardi, però, le tortillerias di Guerrero stanno facendo fatica a sopravvivere.

Nel 2014, quando i veri problemi sono iniziati, c'erano 285 tortillerias a Chilpancingom, la capitale di Guerrero, che si trova tra le montagne a tre ore di auto da Città del Messico e a un'ora da Acapulco.

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I negozi di tortillas si trovano solitamente nei quartieri poveri, dovei gruppi criminali hanno le proprie roccaforti. I prodotti sono venduti in piccoli negozi con vista sulla strada, o vengono distribuiti da giovani che consegnano in moto porta a porta.

I cartelli di Chilpancingo, come i Guerreros Unidos e Los Rojos, si sono resi conto che i negozi di tortilla offrono una via per espandere le proprie attività criminali. Riuscendo a controllare i proprietari e il personale, acquisiscono punti di distribuzione, spacciatori e vedette — tutti nascosti dietro la facciata di un business legittimo.

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Quel controllo iniziò con il rapimento di alcuni negozianti e lavoratori di Chilpancingo. La gente del posto rischiava di essere sequestrata giorno e notte, dalle proprie case o dai posti di lavoro, per poi essere rinchiusa in rifugi di sicurezza per una settimana. I riscatti richiesti nel 2014 spaziavano da 30.000 pesos (2.000 euro circa) a due milioni di pesos (120.000 euro), in base all'importanza della vittima.

Nonostante il pagamento del riscatto, la libertà è comunque legata ad alcune condizioni: le vittime devono collaborare sia nella distribuzione delle droghe che nell'attività di vedetta del cartello, o il loro negozio verrà chiuso.

Abdón Abel Hernández, uno dei leader di venditori di tortillas di Chilpacingo, si è imbattuto in questo mondo in prima persona. Hernandez dice di aver perso il conto delle volte in cui è stato minacciato. Una volta è stato sequestrato e ha dovuto prendere in prestito un milione di pesos per pagare i suoi carcerieri. Un tempo Hernandez gestiva 17 negozi, adesso ne ha soltanto 11. L'uomo sostiene che il 35 per cento del settore abbia chiuso i battenti per paura, e che al momento restano solo 185 tortillerias nella capitale.

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"Sono rimasto per quattro notti e cinque giorni con queste persone. La mia famiglia ha dovuto far fronte a un'enorme perdita economica. Siamo dei piccoli artigiani e non abbiamo così tanti soldi a disposizione. Tutta la crescita economica che avrei potuto avere nel mio lavoro è sparita," dice Hernandez. "Tutt'ora mi sveglio alle tre di notte con il terrore che possano trovarmi."

Abbiamo incontrato uno dei leader nel settore delle tortillas negli uffici di Chilpancingo della Confederazione Messicana degli Imprenditori. Con lui c'era Adrián Alarcón, il presidente regionale della Coparmex, e due guardie armate che controllavano l'ingresso dell'edificio.

Alarcón dice di vivere costantemente con la paura di morire per aver provato a difendere i membri del suo sindacato dalle minacce.

"Oggi l'industria delle tortilla è sequestrata da loro [i gruppi criminali], così come è successo al trasporto pubblico quando obbligavano i tassisti e gli autisti di autobus a diventare le mani e gli occhi del narcotraffico," ha detto Alarcón. "Il settore è completamente infiltrato. I soldi che vengono dalla vendita delle tortilla sono usati per comprare le armi. In pratica stiamo finanziando."

Il capo di Coparmex racconta che 35 imprenditori sono stati rapiti e torturati nella regione centrale di Guerrero nei primi due mesi dell'anno. Secondo lui la maggior parte delle vittime aveva qualche collegamento al business delle tortillas.

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Abdón Abel Hernández e Adrián Alarcón nell'ufficio Coparmex di Chilpancingo. (Daniel Ojeda/VICE News)

L'agonia di Acapulco

"Non è un caso se un sondaggio nazionale ha eletto Chilpancingo come la peggior città del paese in cui abitare. La criminalità ha messo fine a tutto: gli investimenti, il lavoro, e la voglia di fare una famiglia qui," ha detto Alarcón. "Ma se pensi che la situazione qui sia critica, dovresti andare ad Acapulco. Qui i tortilleros vengono solo rapiti, ma là sono ammazzati."

Sembrano passati secoli da quando Acapulco si crogiolava nel glamour del terzo matrimonio di Elizabeth Taylor, o alla vista di Elvis Presley su uno yacht che attraversava la stessa baia dove anche John f. Kennedy aveva passato la sua luna di miele.

Oggi, a detta del procuratore generale di Guerrero, 40 dei 50 gruppi criminali attivi nello stato avrebbero una presenza fissa ad Acapulco. Alcuni di essi vantano titoli che usano il resort come un marchio da sfruttare — il Cartello Indipendente di Acapulco o le Forze Speciali Unite di Acapulco.

Il resort ha uno dei tassi di omicidi più alti del paese: nel 2015 si sono registrati 104 omicidi ogni 100.000 persone.

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L'ultimo prefetto della città è stato licenziato dopo che non aveva passato i test di fiducia, gli esami di controllo volti a identificare presunti legami con la criminalità organizzata.

Miguel Flores Sonduk è il commissario pro tempore che ha preso il suo posto. Due giorni dopo il suo giuramento, lo scorso gennaio un cartellone è stato creato da una leader locale, "El Deivy". Il messaggio riportato avvertiva che la sua nomina avrebbe causato un numero maggiore di morti.

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Flores si occupa dei 1.901 agenti di polizia municipale. Il commissario però si aspetta che 700 di loro non passino i prossimi controlli. Altri 160 poliziotti, dice Flores, sono fuori gioco a causa delle ferite riportate, e 120 hanno superato i 70 anni di età.

A conti fatti rimangono 921 agenti che dovrebbero garantire la sicurezza di una città di 720.000 abitanti. Flores dice che non c'è modo di assumere agenti più giovani e sani, dato che avrebbe bisogno di alcuni milioni di pesos per dare un indennizzo agli esuberi. Il suo budget invece, sostiene il commissario, basta giusto per fare rifornimento alle volanti.

Miguel Flores Sonduk, capo della polizia di Acapulco. (Daniel Ojeda/ VICE News)

Solitamente l'assalto al business delle tortillas non viene percepito nelle zone turistiche della città, ma lo scorso 8 gennaio, dopo un'ondata di omicidi, 150 persone hanno manifestato lungo la strada costiera Miguel Alemán per onorare i morti e chiedere giustizia. Gli imprenditori locale raccontano che almeno 20 membri del loro sindacato sono stati uccisi e 800 negozi di tortilla sono stati chiusi.

"Questo è il risultato di una situazione che è cresciuta indisturbata anni fa," dice Flores riguardo all'offensiva nei confronti dell'industria della tortilla. "Ogni giorno facciamo delle ronde di sorveglianza, e cooperiamo con l'esercito e la polizia. Stiamo facendo ordine ad Acapulco!"

Quando VICE News ha chiesto se fosse possibile visitare i negozi di tortillas che sono stati presi d'assalto dalla criminalità organizzata, "ordine" sembrava non essere la parola esatta. "Sì, certo che si può," ha risposto Flores. "Ma dobbiamo chiamare i rinforzi."

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Zona di guerra

Vázquez ha consigliato di andare a Palma Sola, il luogo dove tre giorni prima un uomo era stato ammazzato tre giorni prima. Mentre la camionetta si muoveva tra le vie, la strada diventava più pendente e contornata da auto abbandonate, giovani ragazzi guardinghi e graffiti che indicano il gruppo che controlla la zona.

"Qui la situazione è pesante," commenta Sedano, l'autista, dicendo una banalità. Due auto basterebbero per bloccare la via e lasciarci alla mercé degli assalitori.

"Guarda, quel negozio di tortillas, e quello là, e quell'altro ancora: sono tutti minacciati dalla criminalità organizzata."

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Dopo alcuni minuti la camionetta parcheggia in via Niño Perdido, di fronte a un negozio di tortilla chiamato El Samaritano. Juan Ibarra, un dipendente, osserva nervosamente i poliziotti dall'interno del negozio e si piazza vicino al muro. Quando scopre che siamo giornalisti, l'uomo è sollevato e torna a respirare.

"Paura? Sì, tanta. Ho addirittura pensato che avresti… sai…" balbetta Ibarra. Il 40enne indossa una maglietta con il logo del Partito Rivoluzionario Istituzionale, la forza politica di Acapulco. "In questo settore ci sono persone che escono di casa alla mattina senza mai fare ritorno."

La camionetta si mette di nuovo in movimento e ci porta a La Laja, un altro posto dove i venditori di tortillas sono finiti in una bara. Recarsi lì è pericoloso, così la polizia chiama i rinforzi. Uno di loro conduce davanti a noi, e l'altro ci protegge dal dietro. La strada è sempre più stretta. La sensazione di essere osservati è tangibile.

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"Vuoi vedere dove sono stati uccisi alcuni ragazzi l'altro giorno?" chiede Vázquez. "Andiamo così puoi dare un'occhiata. Poveri ragazzi, non hanno avuto scampo."

Dopo una mezz'ora di auto, il convoglio si ferma di fronte al negozio di tortilla Los Mangos, uno store chiuso con un borsellino bruciato sul bancone. I vicini ci scrutano.

Uno degli agenti del nostro gruppo, Octavio, racconta la storia della disperata fuga di Samuel e della sua morte. Spiega come le sue impronte sono state trovate nella strada sterrata e immagina la paura che il ragazzo possa aver provato, il cuore che gli batteva in gola. Il poliziotto si ricorda ancora le parole pronunciate dal ragazzo quando era disteso a terra in punto di morte.

La polizia pattuglia i dintorni di La Laja. (Daniel Ojeda/VICE News)

"Credi che Samuel possa essere l'ultima vittima della guerra contro l'industria delle tortilla?" gli chiedo.

"Ad Acapulco ci sono morti ogni giorno," risponde lui.

Il convoglio fa marcia indietro e torna nella zona turistica di Acapulco. Dietro di noi lasciano cinque negozi sotto minaccia, e almeno sette dipendenti che vanno al lavoro ogni giorno senza la certezza di poter tornare a casa vivi.


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