tommy dali
Tutte le fotografie sono di Chiara Riccio
Musica

La prima intervista di Tommy Dali, il nuovo talento dell’R&B italiano

Metti insieme un ragazzo con una voce alla The Weeknd, un pezzo partito in riproduzione casuale, una città non proprio "rap", ed esce la storia di Tommy Dali.
Martina Lodi
Milan, IT

“Stai scherzando? Certo che mi sento sotto pressione. È una pressione che ho cercato, l’ho voluta, certo, ma la sento sempre. Forse è un bene comunque, rendo meglio così” mi dice Tommy Dali quando gli chiedo come sta vivendo le giornate frenetiche di questo novembre.

Siamo seduti su un piccolo divano sul terrazzo dove vive con sua madre, che stamattina è al lavoro, a Firenze. Questa è la prima intervista che Tommy fa nella sua vita: “Siccome dovevamo anche fare delle foto mi sono fatto prestare un po’ di vestiti dai miei amici”, dice mentre si apre il giubbotto visto che oggi in città, per la prima volta dopo settimane, c’è un sole pallido che scotta. “Di mio ho addosso soltanto le mutande”.

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“Siccome dovevamo anche fare delle foto mi sono fatto prestare un po’ di vestiti dai miei amici. Di mio ho addosso soltanto le mutande.”

La pressione di cui Tommaso mi parla è più che comprensibile: la scorsa primavera ha pubblicato il suo primo EP, Personale, col nome di Tommy D4li. Si aspettava l’accoglienza che normalmentecapita all’opera prima di ogni artista molto giovane e così è stato, almeno all'inizio: reazioni miste da parte di conoscenti e altri musicisti della sua città, qualche centinaio di streaming, dei bei complimenti e la voglia di fare ancora di più.

"Ma un pomeriggio", mi racconta, "avevo appena finito di guardare un'intervista di Rkomi su Youtube quando vedo che su Instagram mi ha appena seguito Simone Pizzoccolo, che lavora per Thaurus ed è il suo manager. Mi scrive che durante una riunione la riproduzione casuale di Spotify ha fatto partire un mio pezzo a caso. Si sono gasati, si sono ascoltati Personale. Mi chiede se possiamo vederci a Milano”.

tommy dali firenze

Tommy Dali ha vent'anni ed è nato e cresciuto in un quartiere che si chiama Campo di Marte, a nord-est della periferia di Firenze, dove ci sono lo stadio della Fiorentina e villette a schiera separate dalle case popolari da un cordone d’asfalto che è viale Malta. In mattinata ci troviamo qui con un gruppo di amici per fare qualche foto. In questo parchetto, che è a poche centinaia di metri da casa sua, Tommy e gli amici ci hanno praticamente passato l’adolescenza, sempre insieme. “I miei amici sono veramente la mia famiglia” mi dice Tommy quando li raggiungiamo: “Sono loro che insieme a mio padre hanno sempre creduto nella mia musica, mi hanno spinto a tenere duro quando anche io forse pensavo di mollare."

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Tommy continua: "C’è questo mio amico che avevamo iniziato a chiamare Benvenga perché ha questa attitudine sempre positiva, e poi questo è diventato proprio un motto: è sempre benvenga, qualsiasi cosa capiti, benvenga. Sono i miei fratelli. Dopo i primi live la scorsa estate sono venuti con me nel backstage e ci siamo spaccati di brutto, facevamo un casino… Alla fine però è bello che sia così, no? Siamo veri, le nostre serate sono sempre state così. Benvenga è uno stile di vita”.

"C’è questo mio amico che avevamo iniziato a chiamare Benvenga perché ha questa attitudine sempre positiva, e poi questo è diventato proprio un motto: è sempre benvenga, qualsiasi cosa capiti, benvenga."

Quando gli chiedo chi è, invece, il “preso male” del gruppo, Tommy ride. Dopo una breve discussione con gli altri confessa che, forse, quel ruolo è proprio il suo, anche se preferisce usare la parola "riflessivo". Non mi aspettavo, in realtà, una risposta diversa: dall’emotività e dalla malinconia di cui mi parla Tommy prende a piene mani per metterle nei suoi pezzi. Nel pezzo più forte di Personale, che si chiama “‘99” come il suo anno di nascita, Tommy dice a un certo punto “Mi sono detto più volte di stare lontano da te, mi sono aperto le nocche le volte che ti rivedevo; ma tu mi càl-mà-vì”.

Lo dice così, tagliando la parola in tre sillabe e mettendo l’accento tonico su tutte quante, come se lo stessero strozzando, come se riconoscere che “mi calmavi” fosse un’ammissione troppo grande per sputarla fuori con un respiro solo. Da quando l’ho sentito la prima volta ho pensato che fosse un’immagine lucidissima di quello che, immagino, si può chiamare tormento amoroso. Questa vena—personale, appunto—percorre tutto l’EP: frasi rotte che sono immagini precise (“Cuore spezzato, tutto d’un fiato, non mi ricordo più quello che è stato”), dilatate e poi contratte dalla voce di Tommy, morbidissima.

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tommy dali firenze

Dal primo contatto con Thaurus alla firma passa pochissimo. Subito dopo i primi veri live, in giro per l’Italia, tra festival estivi. “La prima volta a Follonica ero nel backstage e mi stavo veramente cagando sotto, però cercavo di tenere a bada l’ansia, di non darlo a vedere. Tant’è che Mirko si è avvicinato per chiedermi come facessi a stare così tranquillo prima di un live. È stato un momento surreale: Rkomi è uno degli artisti italiani che ascolto di più, ce l’ho sempre in cuffia. Ha una scrittura che spesso mi fa pensare 'cazzo, mi sento esattamente così.' Mi ha chiesto di aprire alcune date del tour, la prima proprio qui a Firenze, e ne sono onoratissimo”.

Nella sua famiglia, mi racconta, la persona che più ha creduto in questa cosa della musica è sempre stato suo padre, che chiamano da sempre “il Puma”. “La passione che ho per la musica sicuramente me l’ha passata lui: quando ero piccolo mi faceva ascoltare tutta la roba per cui stava in fissa, per cui un sacco di hip-hop americano—Biggie, Tupac, gli Outkast—e cantautori italiani come Pino Daniele, Lucio Battisti, Lucio Dalla. E poi Michael Jackson: per lui avevo veramente un’adorazione, lo ascoltavo in continuazione a cinque, sei anni, senza averlo mai visto in faccia… Per me era una specie di entità senza corpo, un dio”.

tommy dali firenze

Dati questi riferimenti, è difficile stabilire se Tommy sia un cantante pop, un rapper o qualcos’altro. Lui stesso, quando glielo chiedo, mi dice che trova difficile tracciare una linea, forse perché la sua musica non nasce dal rap ma dal canto. “Quando ero piccino non stavo mai in silenzio, cantavo in continuazione. Me lo ricordo perché faceva ridere, gli adulti certe volte mi prendevano in giro: 'ma quanto cazzo canti?' mi dicevano. Poi un giorno per caso mentre giocavo a pallone e canticchiavo una signora mi ha detto che ero bravo e avrei dovuto prendere lezioni. Allora io la sera sono andato a casa dal Puma e gli ho detto: io voglio cantare.”

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A quel punto inizia a prendere lezioni da Eric, un amico del “Puma” che gli insegna i fondamentali—come gestire la respirazione, i primi passi—e diventa di fatto il suo primo collegamento con il mondo della discografia. Mi racconta di alcuni "produttori di Milano che cercavano un ragazzo a cui fare cantare un pezzo scritto da qualcun altro in inglese", di una raccomandazione di Eric, di un viaggio fin là per chiudere il pezzo. "Il testo di quel pezzo però non mi piaceva, quindi alla fine chiesi ai produttori se potevo provare a scriverci sopra io in italiano, tornato a Firenze”.

tommy dali firenze

Di quel pezzo alla fine non si fa niente ma quei produttori, che lui chiama "Gio e Fab", oggi si chiamano Marquis e sono i ragazzi che mettono suoni sotto la sua voce. Di lì a poco inizia a prendere forma Personale. Scrivere in italiano, mi dice, è stato fondamentale nell’evoluzione dei pezzi: “Ho sempre scritto: anni fa provavo a farlo in inglese, ma poi mi sono reso conto che è difficilissimo riuscire a esprimerti bene in una lingua che non è la tua."

"Non ho mai avuto bisogno di forzarmi a scrivere per avere il testo di una canzone, e spero di non doverlo fare mai, anche se so che per altri artisti funziona", continua Tommy. "Per me è come seguire una scintilla: quando c’è qualcosa che mi dà l’ispirazione—un pensiero per il ritornello, un pezzetto di melodia—inizio a scrivere e non riesco a fermarmi finché non ho finito”.

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"Mio cugino, che era qualche anno più grande di me, ha fatto un incidente in motorino proprio qui in viale Malta e non è sopravvissuto. […] Dico 'La voce rimbalza sulle pareti ma spero che arrivi a te' proprio perché certe volte vorrei parlargli."

Spesso, la scrittura è semplicemente un mezzo per sfogarsi. Il pezzo più denso e doloroso di Personale, “Smoking Gold”, parla di un lutto familiare capitato qualche anno fa. “Ho avuto un periodo di buio, in cui ho mollato questa cosa della musica, e ho smesso di andare da Eric. È stato un periodo difficile: mio cugino, che era qualche anno più grande di me, ha fatto un incidente in motorino proprio qui in viale Malta e non è sopravvissuto. Lui era ‘95 ed era quello che mi aveva insegnato a fare le prime cose da grande, quello che mi ha passato le prime canne…”

È con lui e con il suo riflesso che Tommy parla nel pezzo: “Mi è sembrato di rivederti dentro ad un film, no / Mi guardo allo specchio, più cresco più ti somiglio” è un riferimento reale, perché la somiglianza, mi dice, crescendo si sta facendo impressionante. Certe volte vedersi allo specchio è straniante, perché riconosce il volto del cugino sovrapposto al suo. “Più avanti, nello stesso pezzo, dico 'La voce rimbalza sulle pareti ma spero che arrivi a te' proprio perché certe volte vorrei parlargli. Penso che sia una cosa che capita a molti dopo un lutto, ma è come se avessi paura che la mia voce non riesca ad arrivargli”.

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tommy dali firenze

La necessità che sta dentro a questo modo di scrivere permea tutto Personale, che coerentemente al titolo è un lavoro intimo al punto di essere quasi diaristico. Mentre parliamo di “‘99” inizio a parlargli d'amore e, esattamente come se gli avessi chiesto per favore di leggere il suo diario delle medie, lui mi dice che è un argomento troppo privato per un'intervista, “se non è un problema”. È tutto sommato la risposta migliore che potesse darmi. “Mia mamma ha iniziato a crederci solo di recente, che io possa davvero fare qualcosa con la musica: prima lo vedeva come un passatempo e cercava di tenermi coi piedi per terra. Giustamente, anche se io le ho sempre promesso, come a mio padre, che ce l’avrei fatta ad arrivare in alto”.

Quando ha detto a sua madre dell’intervista di oggi, mi racconta, lei è andata a cercare su Google chi stesse venendo a intervistare suo figlio. “Ha visto che è gente seria si è tranquillizzata, ha anche letto l’articolo dove si parlava di Firenze, in cui l’autore diceva bene di me. Da quando ho firmato con Thaurus e si è resa conto che delle possibilità concrete ci sono. Si sforza di farmi vedere che anche lei c’è e mi sostiene”.

tommy dali firenze

Quando torno a chiedergli della pressione che sente, che è poi l’argomento da cui siamo partiti, ora che ha in progetto un EP o forse un disco (“Ma quando ti dico disco io penso a un album vero, completo dall’inizio alla fine, che dura almeno un’ora. Prima è meglio uscire con una cosa più piccola”) finisce per dirmi una cosa che mi fa sorridere, semplicemente perché è la cosa che meno penseresti di sentire da un musicista esordiente in cui stanno cominciando a credere un sacco di persone: “Diciamo così: non so se c’è qualcosa che mi spetta, però so cos’è quello che voglio e so che mi sto rimboccando le maniche per arrivarci”.

Nel suo singolo nuovo, che si chiama "Primo Bar" ed è un pezzo costruito su suoni cupi e pieno di angoscia, Tommy canta “La bella vita ci aspetta come aspettavo mio padre, le notti in cui lo trovavo disteso a terra ubriaco” e questo verso probabilmente completa quello che ha detto a me a proposito delle sue aspettative su quello che verrà dopo. Parla anche, inevitabilmente, delle ansie che accompagnano le possibilità grosse che hai davanti, ma dice anche, comunque benvenga. Martina è su Instagram. Segui Noisey su Instagram e su Facebook.