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Aggiornamenti dalla Siria, ottava settimana

Il Presidente siriano ha accettato il piano di pace proposto da Annan, ma questo non significa che lo rispetterà.

Secondo le Nazioni Unite, le rivolte in Siria "vantano" ormai 9,000 morti e 300,000 profughi. Sono cifre da capogiro, ma purtroppo la comunità internazionale non ha ancora fatto dei seri tentativi per arrivare a una soluzione. L'attività diplomatica della scorsa settimana è stata più intensa del solito, e la notizia più importante è che il presidente Asad ha accettato il piano di pace proposto da Kofi Annan.

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Come previsto, l’approvazione del piano di pace—che obbliga Asad a cessare il fuoco, rilasciare i prigionieri politici e a negoziare con l’opposizione—è stata accolta con scetticismo. In passato, il Presidente siriano ha usato lo stratagemma delle trattative diplomatiche per riorganizzarsi e attaccare i ribelli, e molti pensano che anche stavolta adotterà questa strategia.

La scorsa domenica, gli “Amici della Siria” si sono riuniti ancora una volta a Istanbul per discutere della crisi. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha minacciato un intervento qualora non Asad non rispettasse le promesse di pace. Rivolgendosi agli 83 Paesi presenti all'incontro, la Clinton ha detto, “È passata quasi una settimana ormai, e il governo siriano non ha fatto altro che  allungare la lista delle promesse non mantenute. Asad deve essere giudicato per le sue azioni, non per le sue parole. E noi non possiamo tirarci indietro e aspettare ulteriormente.”

Si tratta di parole forti, ma la realtà è che gli Amici della Siria non hanno un piano d’azione concreto nel caso Asad rifiutasse di seguire il piano di pace. Ancora una volta, però, i toni più accessi sono stati quelli dei sauditi, che hanno definito “un loro dovere” armare i ribelli dell’Esercito Siriano Libero. Gli Stati Uniti hanno ribadito l'intenzione di rifornire i ribelli di sistemi di comunicazioni più efficienti per facilitare il coordinamento degli attacchi, e il Regno Unito ha promesso di inviare 500.000 sterline in aiuti “non letali”.

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Durante l'incontro, il Consiglio Nazionale Siriano d'opposizione al regime ha inoltre annunciato che d’ora in avanti i ribelli riceveranno un salario, mentre alle truppe regolari che diserteranno sarà consegnata una ricompensa. Il denaro arriverà dai ricchi Paesi del Golfo, ed è a tutti gli effetti un modo per armare i ribelli.

Al momento i ribelli non controllano nessuna città di rilievo e sono a corto di munizioni. Ma ci sono altri fattori che potrebbero aiutarli a sconfiggere il regime. All’inizio della scorsa settimana, France 24 ha riportato che a Damasco il cibo scarseggia. A causa dell’inflazione, il prezzo degli alimenti è salito alle stelle e per ora il pane è l’unico bene che molti siriani si possono permettere. Le code per comprarlo sono lunghe e molte panetterie lo finiscono subito.

A ciò si aggiungono la carenza di gas ed elettricità e il crollo della valuta siriana. Le sanzioni internazionali impediscono che il petrolio e le altre esportazioni nazionali giungano a destinazione, facendo crollare le entrate del governo. La Reuters riferisce tuttavia che l’Iran sta esportando il petrolio siriano in Cina, generando un guadagno stimato a 80 milioni di dollari.

In una mossa spudorata, la scorsa settimana il presidente Asad ha fatto visita al quartiere devastato di Bab Amr, a Homs. Un tempo roccaforte della ribellione, ora la zona è solo un cumulo di macerie. Scortato da guardie del corpo e fedeli, Asad si è rivolto ai residenti (oppure a lealisti del regime camuffati da locali, se volete essere cinici) dichiarando che Bab Amr tornerà a essere un quartiere normale. La visita è stata breve, dato che l’esercito è  tuttora impegnato a sedare la rivolta in altre parti della città, giustiziando civili di sesso maschile o bombardando i quartieri della città considerati ribelli.

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Il Presidente siriano ha inoltre dichiarato che la guerra è finita e che le forze dell'Esercito Siriano Libero sono state sconfitte. Come da copione, la risposta dei ribelli non si è fatta attendere:

Nelle città sotto assedio è estremamente difficile recuperare i cadaveri, poiché il rischio di venire uccisi è molto alto:

In risposta alla brutalità del regime, le forze ribelli hanno concentrato gli attacchi sui comandanti dell’esercito con azioni pubbliche e brutali. La scorsa settimana, nella città di Aleppo, due ufficiali sono stati uccisi mentre andavano al lavoro. Altri ufficiali sono stati freddati ad Hama. Tutto ciò, unito agli attacchi improvvisi e ai missili scagliati contro le truppe in marcia e i carriarmati, dimostra come l’Esercito Siriano Libero sia diventato più un gruppo d'insurrezione che un esercito vero e proprio.

In tema di defezioni, il video qui sopra mostra uno dei tre generali che la scorsa settimana ha dichiarato fedeltà all’armata ribelle.

Altre notizie:

Negli aggiornamenti precendenti abbiamo parlato dell’uso di mine per bloccare l’ingresso di armi e combattenti nel Paese. Questa settimana, la CNN ha mostrato prove evidenti di campi minati al confine con la Turchia.

Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha dichiarato che i bambini sono divenuto bersaglio sistematico per il regime. Non è di certo una novità.

A Deir Ez-Zor, le truppe dei ribelli si sono vendicate dell’odiata milizia degli Shabiha bruciandoli vivi dopo averli catturati in un’imboscata. O, almeno, così mostra il video.

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La scorsa settimana: Aggiornamenti dalla Siria - Settima settimana