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"Orgoglioso della vostra professionalità"

Ovvero, come le autorità e la stampa italiana hanno trattato la vicenda del marocchino Abdelmajid Touil, arrestato a Milano per il presunto coinvolgimento nella strage al museo del Bardo di Tunisi.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Per una giornata intera, è sembrato che gli sbandierati pericoli dei "terroristi infiltrati nei barconi" si fossero definitivamente concretizzati. Il 20 maggio 2015 esce la notizia che il cittadino marocchino Abdelmajid Touil è stato arrestato a Gaggiano, provincia di Milano, perché sarebbe stato coinvolto nella strage al museo del Bardo di Tunisi, in cui sono stati uccisi anche quattro italiani.

L'operazione è condotta da Digos e Ros e dà esecuzione al mandato di cattura internazionale delle autorità tunisine, che accusano Touil con una sfilza di reati: "omicidio volontario con premeditazione, cospirazione ai fini di commettere reati contro la sicurezza interna dello Stato, incendio, sequestro di persona, adesione a organizzazione terroristica, attentati per mutare la forma di governo." La procura di Milano, come atto dovuto, lo indaga per terrorismo internazionale.

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A ben vedere, però, non tutto torna. Anzitutto, è quantomeno curioso che un "pericoloso terrorista" venga fermato dalla polizia locale,e non da squadre speciali bardate di tutto punto. In più, come afferma il dirigente della Digos di Milano Bruno Megale, le indagini che hanno portato all'arresto di Touil sarebbe iniziate grazie alla denuncia di smarrimento del passaporto presentata dalla madre—la stessa che, insieme a parenti e vicini di casa, sin da subito giura sull'innocenza del figlio, dice che con l'estremismo non ha nulla a che fare e definisce l'arresto un "errore."

Lo stesso profilo personale di Touil, come si viene a sapere in seguito, è quanto di più lontano possa esserci dalla figura del jihadista che vive in clandestinità, braccato dalle polizie di mezza Europa. "È un giovane di 22 anni, senza un euro, senza lavoro, il quarto figlio che mamma Fatima ha fatto arrivare dal Marocco, risparmiando al centesimo," si legge in un articolo su Repubblica. "Abdel Maijd Touil dorme da mamma, a Gaggiano, zona industriale, in una cameretta per bambini, due volte a settimana va a scuola di alfabetizzazione a Trezzano sul Naviglio, non è raro che mangi alla Caritas."

Soprattutto, c'è la questione dell'arrivo in Italia e degli spostamenti del "presunto terrorista." Stando alle prime ricostruzioni, Touil arriva a Porto Empedocle il 17 febbraio 2015 con un barcone. Qui gli vengono prese le impronte, ne viene ordinata l'espulsione e, secondo il giornalista Carlo Bonini, il suo nome viene trascritto male. Poi Touil, secondo l'accusa, sarebbe andato in Tunisia a compiere l'attentato, e infine si sarebbe rimaterializzato in Italia—non si sa bene come.

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Pur essendo in una situazione in cui è difficile capirci veramente qualcosa, per la politica italiana l'identificazione e la cattura del "terrorista" è ormai indiscutibile. Il primo partito a lanciarsi a corpo morto sulla vicenda è, naturalmente, la Lega Nord. Matteo Salvini inonda la sua pagina Facebook di status del genere:

Giorgia Meloni veste i panni di una novella Cassandra, scrivendo che "Fratelli d'Italia aveva detto" che con i barconi sarebbero arrivati anche i terroristi, chiedendo contestualmente un "blocco navale al largo delle coste libiche." I deputati del MoVimento 5 Stelle se la prendono con Alfano—invocando per lui un "Daspo"—e dicono che "la sua totale incompentenza al Viminale sta trasformando il nostro Paese in una retrovia per cellule jihadiste."

Sul fronte governativo, invece, le reazioni sono decisamente più positive. Angelino Alfano twitta che "ancora una volta siamo stati più forti noi!," mentre Roberta Pinotti, ministro della Difesa, elogia la "professionalità" delle forze dell'ordine. Anche il premier Matteo Renzi esulta alla notizia dell'arresto.

Nonostante il giubilo istituzionale, i dubbi sull'intera vicenda continuano a montare sempre di più, anche grazie al lavoro di alcuni giornalisti che cercano di verificare i fatti. Pietro Colaprico di Repubblica, ad esempio, si reca alla scuola di Trezzano frequentata da Touil per vedere se avesse frequentato le lezioni di italiano nei giorni a ridosso della strage.

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La conferma definitiva arriva dalla procura di Milano, che accerta che Touil era in Italia il 18 marzo, ossia il giorno dell'assalto. C'è anche la testimonianza dell'insegnante Flavia Caimi: "Confermo che il 16 e il 19 marzo era in classe." Touil, dunque, è sempre rimasto in Italia da quando è arrivato lo scorso febbraio, a differenza di quanto aveva detto Angelino Alfano nella sua informativa alla Camera: "Tra quella data [17 febbraio] e il 19 maggio non sono emerse evidenze della sua presenza sul territorio nazionale."

Una simile circostanza ha il duplice effetto di escludere la partecipazione materiale di Touil all'attentato, e quello di ridimensionare il rischio Terrorismo-Sui-Barconi. Una fonte del Dipartimento della Pubblica sicurezza, il cui parare è stato raccolto da Bonini, è molto chiara sul punto: "La verità è che la vicenda di Touil è la prova che la più insicura delle rotte eventualmente scelte per infiltrarsi nel nostro Paese per scopi terroristici è proprio quella dei barconi della disperazione." Chi arriva via mare, infatti, viene subito identificato e "cessa dunque di essere un invisibile. E questo, evidentemente, fa a pugni con la logica che muove chiunque, a qualunque latitudine, pianifichi o stia per mettere a segno un attacco terroristico."

Nel frattempo, anche le accuse nei confronti di Touil—pianificatore, esecutore, ideatore, ecc.—cambiano. Prima il portavoce del ministro dell'Interno tunisino parla di "supporto logistico," non ancora specificato, "al gruppo armato responsabile dell'assalto." In seguito, alla procura di Milano sembrerebbe essere arrivata la seguente accusa dalle autorità tunisine: "il giovane è l'armiere, colui che ha procurato i kalashnikov al commando entrato in azione al museo del Bardo a Tunisi il 18 marzo scorso." I magistrati, tuttavia, stanno ancora aspettando "il fascicolo con le accuse formali e la ricostruzione delle indagini svolte dalla magistratura tunisina."

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Ieri lo stesso Alfano, che inizialmente aveva rivendicato con orgoglio l'intera operazione, in una conferenza stampa sulle elezioni regionali ha risposto piccato a chi gli rivolgeva domande sulle indagini e sul "successo investigativo": "Chiedete a Tunisi, noi abbiamo eseguito un mandato di arresto internazionale sulla base di un'indagine svolta da un altro Paese." Se qualcosa va storto, insomma, prendetevela con la Tunisia—l'Italia ha semplicemente eseguito gli ordini.

Anche sul versante delle indagini, tuttavia, parlare di grande "successo" pare quantomeno avventato. In un articolo pubblicato oggi su Repubblica, Bonini parla di un "pasticcio lievitato sulla base di un arresto dalle basi probatorie ancora molto scivolose e opache." Interpellando diverse fonti dell'intelligence e dell'antiterrorismo, si viene a sapere che "non c'è stata alcuna indagine" e che "nessuna pista è stata battuta."

Il giornalista scrive anche che Touil sarebbe stato arrestato "sulla base di dieci righe inserite in fretta e furia nel sistema Interpol dalle autorità tunisine il 19 maggio dopo che il ragazzo era già in stato di fermo e senza avere alcuna indicazione di fatto, neppure informale, della sua asserita responsabilità nella strage del Bardo."

Se la confusione non fosse già abbastanza, ieri sera la trasmissione Chi l'ha visto ha diffuso una foto di quello che sarebbe il "vero" Abdelmajid Touil ricercato per l'attentato al museo del Bardo. La fonte della rivelazione è il sito tunisino Akherkhabaronline.com, che proprio oggi ha rettificato l'articolo ripreso (acriticamente) dai media italiani. Come emerge da una semplice verifica, infatti, il sospettato si chiama Noureddine Naybi, è del Marocco ma è molto più vecchio di Touil.

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Allo stato attuale delle cose, insomma, è praticamente impossibile conoscere il grado di coinvolgimento del 22enne marocchino nella strage di Tunisi. In mattinata è iniziata l'udienza-interrogatorio nel carcere di San Vittore, dove Touil è in isolamento e continua a ripetere di non aver alcun legame con la strage: "Perché sono qui? Non capisco, non ho fatto nulla. Da febbraio, quando sono arrivato, sono sempre stato in Italia."

Come era già successo in altre occasioni di cui avevo parlato su VICE, anche in questo caso abbiamo assistito alla confluenza tra opportunismo politico, propaganda elettorale e la sfrenata sete di sensazionalismo di certa stampa—l'opposto, ha scritto il ricercatore dell'Ispi Stefano Torelli, di quello che servirebbe in vicende simili per "non creare ulteriori elementi di tensione, sia a livello sociale, che politico."

Se da un lato dunque non ci sono certezze, dall'altro c'è però abbastanza materiale per sollevare dubbi e chiedere spiegazioni. Peccato che qualcuno—ad esempio Matteo Renzi—la ritenga una prerogativa di persone con problemi mentali che devono andare a farsi controllare da uno psicanalista.

Segui Leonardo su Twitter: @captblicero