FYI.

This story is over 5 years old.

censura

Facebook sta impedendo ai thailandesi di vedere un video del loro re in crop top

Guarda re Vajiralongkorn fare shopping in canottiera—a meno che tu non sia in Thailandia: in tal caso Facebook avrà già censurato il video.
Foto: grab via Twitter

Facebook ha bloccato la visione di un video ai suoi utenti thailandesi.

Il filmato mostra il re della Thailandia passeggiare insieme a una donna in un centro commerciale tedesco con indosso un crop top che rivela i suoi tatuaggi.

A quanto pare, il contenuto è stato bloccato perché ritenuto "insultante" per il re e in violazione delle leggi locali, che ostacolano in modo pervasivo la libera espressione del pensiero critico nei confronti della corona.

Pubblicità

Abbiamo contattato Facebook, che ci ha risposto via mail. "Quando un governo ritiene che qualcosa violi le sue leggi, possono contattare società come Facebook e chiedere di impedire l'accesso a quei contenuti," ci ha spiegato un portavoce della società.

I dubbi, tuttavia, rimangono. Il blocco locale dei contenuti, secondo molti, sarebbe infatti uno dei modi con cui la company americana vorrebbe riuscire a penetrare in alcuni paesi, anche se questo vuol dire accogliere richieste di censura da parte di governi non propriamente democratici—basta pensare all'esempio della Turchia, paese nel quale sono stati bloccati alcuni contenuti che il governo aveva definito offensivi nei confronti del profeta Maometto.

Il caso del re di Thailandia, però, è piuttosto peculiare—così come le leggi che il governo locale utilizza per minimizzare le critiche. Vediamo con ordine.

Cosa c'è in questo video

Come confermato a VICE News, la settimana scorsa Facebook ha impedito a chiunque accedesse dalla Thailandia di visualizzare un video in cui compare il 64enne re Maha Vajiralongkorn Bodindradebayavarangkun.

Il filmato in questione è quello che trovate qui sotto: l'abbiamo ottenuto grazie ad Andrew Marshall, un giornalista critico col regime thailandese che l'ha postato sulla sua pagina personale.

Facebook is geoblocking this video of Thailand's King Vajiralongkorn so users in Thailand can't see it — Andrew MacG Marshall (@zenjournalist)May 5, 2017

Pubblicità

È stato girato—e poi passato a Marshall—da un cittadino thailandese che ha riconosciuto il re nel centro commerciale Riem Arcaden di Monaco il 10 giugno 2016, prima che salisse al trono nel dicembre scorso dopo la morte del padre, re Bhumibol Adulyadej.

Nel video si vede Vajiralongkorn—il cui nome vuol dire "Ricoperto di gioielli e fulmini"—passeggiare per il centro commerciale in crop top, ricoperto di tatuaggi che lo rendono parecchio identificabile, con una donna e delle guardie del corpo.

Leggi anche: La Thailandia sta usando i bambini come 'Cyber Scouts' per stanare il dissenso

I thailandesi sanno, più o meno, che il loro re conduce uno stile di vita controverso e stravagante, ma non hanno mai visto né foto né documenti che certificassero la cosa—proprio a causa delle leggi molto restrittive sulla libertà d'espressione, specie in termini di lesa maestà.

È abbastanza facile capire, quindi, quanto "un video del genere sia una specie di bomba" nella vita pubblica locale, ci ha spiegato Marshall.

"Magari le persone non si stupiranno più di tanto, ma il fatto di vederlo così rischia comunque di avere un certo effetto: potrebbe essere lo spillo che fa scoppiare la bolla della monarchia."

Facebook in Thailandia

Facebook sostiene che, a richiesta ricevuta, generalmente analizza il contenuto in questione per capire "se effettivamente viola le leggi locali. In caso fosse così, lo rendiamo inaccessibile nel relativo paese, notificando all'utente per quale ragione non possa essere visualizzato."

Gennie Gebhart, ricercatrice della Electronic Frontier Foundation (EFF), ritiene che Facebook si trovi in una posizione piuttosto critica. "Questo e altri tentativi di blocco da parte dei governi thailandesi puntano sia a rallentare la diffusione di contenuti critici nei confronti della monarchia, sia a rendere difficile le comunicazioni su social e canali criptati," ha spiegato.

Pubblicità

Dopo la pubblicazione del video nel mese scorso, il governo ha proibito ai cittadini di contattare Marshall e altre due personalità critiche col regime. Una di queste è Somsak Jeamteerasakul.

Somsak è stato contattato da Facebook, che gli ha spiegato che il contenuto stava per essere bloccato con queste parole.

Il messaggio di Facebook ricevuto da Somak dopo aver pubblicato il video

Questo, spiega Marshall, è il modo col quale Facebook dice di combattere contro le leggi sulla libertà d'espressione.

La mancanza di trasparenza di Facebook in questo genere di cose ha spinto circa 70 gruppi per i diritti umani a scrivere a Zuckerberg nell'ottobre scorso, esigendo chiarezza da parte della company su censure e restrizioni.

Dopo varie pressioni da parte di dissidenti, giornalisti e gruppi come EFF, però, Palo Alto adesso necessita—quanto meno—di un ordine del tribunale prima di bloccare qualsiasi contenuto: lo farà solo per specifici post (e non per pagine intere), e dovrà spiegare chiaramente agli utenti perché i loro post sono stati censurati.

"Così almeno possiamo dire pubblicamente come e perché siamo stati bloccati, magari generando un 'Effetto Streisand," spiega Marshall, convinto del fatto che nascondere qualcosa di così grosso non potrà che renderla ancora più visibile.

Ex giornalista Reuters e autore del libro "A Kingdom in Crisis: Thailand's Struggle for Democracy in the Twenty-First Century", Marshall però dice di simpatizzare, in qualche modo, per la situazione in cui Facebook si è cacciata.

Pubblicità

"Sono finiti in mezzo: la Thailandia ha delle leggi ridicole, che fanno sì che qualsiasi cosa tu dica—sostanzialmente—può essere usata dalla monarchia come espressione critica, e può farti finire in cella per centinaia di anni."

La monarchia thailandese e la censura

La libertà d'espressione, nel paese asiatico, è in grave pericolo.

La settimana scorsa, un attivista è stato arrestato per aver insultato la monarchia, ed è stato condannato a 150 anni di prigione

La censura, intanto, sta diventando sempre più stringente: secondo i dati dello stesso Facebook, nei primi sei mesi del 2016 sarebbero stati oscurati almeno 10 contenuti sul territorio thailandese, cifra che è arrivata a toccare le 40 unità nella seconda parte dell'anno.

L'anno scorso, il governo ha contattato Facebook chiedendogli di collaborare attivamente col regime, e rimuovere i post che andavano contro le leggi locali. Ma mentre il governo sostiene di aver ricevuto l'appoggio della company americana, Facebook nega di aver mai trovato un qualsiasi accordo.

Da 2015, a causa del Computer Crimes Act, il governo thailandese sarebbe riuscito a far chiudere circa 7mila siti. La settimana scorsa, lo stesso esecutivo avrebbe avviato le procedure legali per far rimuovere circa 600 pagine Facebook—segno che probabilmente non sta ricevendo il sostegno che credeva di poter trovare da Facebook.

Leggi anche: Un ex dipendente di Facebook ci ha spiegato come si diffondono le bufale online

Pubblicità

Inoltre, casi come questo mettono sul tavolo il tema dell'ingresso di Facebook nel mercato cinese.

In Cina, Facebook è bloccato dal 2009. Negli ultimi tempi, però, non sono mancate aperture nei confronti di Pechino—a partire dal discorso pubblico tenuto da Zuckerberg, in mandarino, alla Tsinghua University.

Molti attivisti ed esperti di diritti civili temono che la company di Palo Alto possa fare alcune concessioni al governo per poter entrare finalmente sul territorio cinese. E l'esempio thailandese potrebbe essere quanto meno un pessimo indizio.


Segui VICE News Italia su Twitter e su Facebook

Foto: grab via Twitter