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diritti delle donne

La 'violenza ostetrica' in sala parto è uno dei problemi sommersi della sanità italiana

VICE News ha incontrato le promotrici della campagna 'Basta Tacere', che denuncia l'abuso fisico diretto, la trascuratezza nell'assistenza medica, e il rifiuto a offrire un'adeguata terapia per il dolore durante il parto.
Foto via Jerry Lai/Flickr

Aborti colposi, morti sospette, lesioni, maltrattamenti e falsificazione di cartelle cliniche: pochi giorni fa quattro medici – incluso il primario di ostetricia e ginecologia – sono stati arrestati, e altre sette persone sospese dall'esercizio della professione agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria.

Sono i primi effetti di un'inchiesta della Guardia di Finanza che ha rivelato gli errori e le violazioni commessi a danno delle donne e dei neonati nella struttura sanitaria calabrese, in cui la manipolazione di documenti ufficiali permetteva al personale di evitare potenziali procedimenti giudiziari.

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Il caso rappresenta non solo un esempio estremo di malasanità, ma anche una manifestazione – per quanto possibilmente isolata, nella sua gravità – di un fenomeno sommerso, ma ampiamente diffuso: quello della cosiddetta violenza ostetrica.

"Prima visita ostetrica da denuncia." [via Facebook/Basta tacere]

Già nel 2014, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) denunciava come, in tutto il mondo, molte donne siano vittime di trattamenti "irrispettosi, negligenti o abusanti" durante il parto in ospedale.

Tra questi, l'OMS evidenziava non solo l'abuso fisico diretto o la trascuratezza nell'assistenza medica, ma anche la profonda umiliazione, il rifiuto a offrire un'adeguata terapia per il dolore, e la mancanza di riservatezza o di un consenso realmente informato.

"Ho subito abuso in sala parto, ma anche un buon parto. Chi è con noi può fare la differenza."

"Spesso in Italia si interpretano i documenti dell'OMS come rivolti a paesi lontani da noi," dice a VICE News Alessandra Battisti, avvocato e coordinatore della sezione italiana della rete internazionale Human Rights in Child Birth (HRiCB), dedicata alla difesa dei diritti umani nella maternità e nella nascita.

Quando l'OMS si pronuncia, secondo Battisti, intende però rivolgersi a tutta la comunità mondiale. E a ragione, visto che anche in Italia, l'esperienza del parto continua in molti casi ad essere vissuta come un trauma.

Lo dicono le madri, più di mille, che tra il 4 e il 19 aprile scorsi si sono raccontate, online e in forma anonima, tramite la campagna #BastaTacere: Le madri hanno voce, lanciata su Facebook e Twitter proprio da HRiCB.

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Sole, vulnerabili, impaurite — e poi derise, ignorate, traumatizzate. "Mi sono sentita in una macelleria, ero impietrita," si legge in uno dei messaggi raccolti sulla pagina Facebook, che in 15 giorni ha raccolto più di 22.000 like.

Si legge di procedure mediche dolorose, a volte considerate ingiustificate, a volte eseguite senza la reale approvazione della partoriente; si legge dell'insofferenza di un personale sanitario stanco e forse a corto di risorse; si legge di umiliazioni, abusi e violenza verbale.

Una delegazione di madri della campagna #bastatacere ricevuta alla Camera dei Deputati.

"[La campagna] ha portato alla luce un fenomeno. Non possiamo dire che le donne non hanno parlato e il fenomeno non esiste," racconta a VICE News Elena Skoko, coordinatrice della campagna per HRiCB Italia.

#BastaTacere è in realtà soltanto l'ultima tappa di un percorso di volontariato e attivismo intrapreso da HRiCB con l'intenzione di proseguire e amplificare gli sforzi delle molti madri italiane che da tempo hanno stabilito reti indipendenti per il mutuo-aiuto spontaneo.

"Era per non farle vedere il cosino morto."

"Attraverso gruppi Facebook, blog, forum, e altro, le madri si aiutano tra di loro," spiega Skoko.

E non solo per chiedere consiglio su quale marca di pannolini comprare, o a quale ginecologo rivolgersi. "C'è un forte aspetto relazionale, di aiuto, nel gestire quella che è stata l'esperienza di nascita. [Un'esperienza] che purtroppo, spesso, si è rivelata traumatica."

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Skoko denuncia l'assenza di un discorso pubblico che affronti il problema degli abusi e della mancanza di rispetto durante la maternità. "Un urlo che viene dal basso," lo descrive.

"Stiamo urlando il nostro disagio e nessuno ci ascolta. Le istituzioni non lo sanno che le donne stanno urlando da tempo su internet, nelle loro cerchie di condivisione, nelle associazioni, nel mutuo aiuto spontaneo e organizzato. Le istituzioni non ne sanno nulla e non si rendono conto che questo fenomeno esiste."

"Carne da macello! Ecco come mi sono sentita."

Ma le cose potrebbero forse cambiare.

L'11 marzo scorso, l'onorevole Zaccagnini (SEL-SI) ha presentato una nuova proposta di legge volta a rafforzare i diritti delle donne e dei neonati, anche tramite l'introduzione del reato di violenza ostetrica: "Una tipologia di violenza contro le donne, già classificata da legislazioni di Paesi dell'America latina e che consiste nell'appropriazione del corpo e del processo riproduttivo delle donne da parte del personale medico attraverso trattamenti disumani e degradanti e la medicalizzazione del processo del travaglio e del parto."

Come ribadito nell'ultima conferenza stampa del 26 aprile, la proposta si inquadra all'interno delle richieste avanzate dall'OMS e intende accogliere le istanze presentate da diverse associazioni attive per i diritti umani nella maternità.

Non si tratta però, ha specificato Zaccagnini, di un attacco a ginecologi e anestesisti: "Nessun attacco alla categoria: il DDL mira a proteggere i diritti fondamentali della partoriente e del neonato, in linea con l'OMS e le Convenzioni internazionali, e nella direzione della sicurezza e appropriatezza dell'assistenza alla maternità e nascita."

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"In sala parto sento freddo, mi sento sola e impotente."

"La dichiarazione dell'OMS spiega che le donne vanno incluse nell'assistenza. Non è che sono oggetto dell'assistenza, sono soggetti di assistenza e dunque vanno incluse sia nei rapporti personali durante il parto sia nella gestione delle politiche che possono portare a un sistema migliore e rispettoso," spiega Skoko, che è stata anche traduttrice della versione italiana della dichiarazione OMS del 2014.

Il problema ha radici culturali e sociologiche profonde, legate alla normalizzazione del dolore femminile, interiorizzato spesso dalle donne stesse come una condizione inevitabile, da sopportare con rassegnazione. Ma all'aspetto antropologico si aggiunge anche quello che Skoko descrive come "un approccio scientifico-meccanicistico, in cui le persone assistite vengono viste e vissute come meccanismi."

"Il mio parto è stato una violenza."

La crescente spersonalizzazione dell'evento del parto, in favore di un approccio più tecnologico e documentaristico, viene evidenziata anche da Niccolò Giovannini, specialista in ginecologia ostetricia della clinica Mangiagalli di Milano e dottore di ricerca in scienze dello sviluppo prenatale.

"Siamo entrati completamente in matrix," commenta. Da un lato, si è assistito alla progressiva medicalizzazione del parto – l'Italia è prima in UE per il numero di tagli cesarei, ben oltre i tassi suggeriti dall'OMS – e dall'altro, all'affermarsi di uno sguardo "medico-legale," in cui ha grande rilievo la continua raccolta di dati, anche a discapito di un atteggiamento più umano verso la paziente.

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Come evidenzia l'Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia, nel mondo ci sono già alcune legislazioni in materia di violenza ostetrica: in Argentina, Venezuela e Portorico.

Questo, in un contesto in cui il parto è stato assunto a un momento di patologia, in cui l'assistenza viene standardizzata per rispondere a eventuali situazioni di emergenza.

"La campagna #BastaTacere può avere un ruolo molto importante. Ma non per trovare un colpevole, ma per capire che abbiamo bisogno di un altro tipo di civiltà, abbiamo bisogno di un accompagnamento personalizzato," sostiene Giovannini.

Il medico sostiene la possibilità di diversificare i servizi, in favore delle varie competenze del personale medico e sanitario, per esempio: "Il ginecologo è bravo nell'eseguire il cesareo ma chi è bravo a assistere il parto è generalmente l'ostetrica."

Come anche Skoko fa notare, un'offerta più ampia di scelte appropriate potrebbe risolvere una parte del problema, ma rimane centrale l'aspetto relazionale: "Vogliamo che tutte le donne vengano prese sul serio come delle cittadine autonome, con la loro integrità, la loro dignità e i loro diritti."

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Tutte le foto nell'articolo tratte dalla pagina Facebook di Basta tacere: le madri hanno voce

Foto in apertura di Jerry Lai via Flickr in Creative Commons