Pubblicità
Fabio Sdogati: No, quei soldi non esistono. Non sono parte della ricchezza della famiglia e delle imprese, sono semplicemente titoli di credito e titoli di debito i quali smettono di esistere e che non hanno nulla a che vedere con l'economia reale.Quindi sul piano reale, per la vita delle persone, queste perdite non significano niente.
Su quella che noi abbiamo stimato essere una porzione di circa l'80 percento della popolazione—la quale non possiede azioni né obbligazioni—quei soldi non hanno alcun valore.Poi c'è un 15-20 percento circa, che è anche la parte più ricca della popolazione, che invece possiede questi titoli. Quella percentuale soffre o gode—dipende dalla parte in cui sta—di questi movimenti del mercato. Per il resto di noi, il mercato finanziario non ha quasi alcun impatto.
Pubblicità
Assolutamente no. Le crisi sono rapide e violente e per recuperare occorrono mesi o anni. Se guardiamo il 2008 e la crisi generata dal sistema del credito, quindi delle banche, ci è voluto molto prima di uscirne. Anzi, sul piano dell'economia reale l'Italia ancora fatica.Si sono sentiti pareri diversi sulle conseguenze economiche della Brexit. Alcuni hanno paragonato l'accaduto al crollo della Lehman Brothers del 2008. Secondo lei si tratta di situazioni analoghe?
A mio parere i due avvenimenti non sono paragonabili: la Lehman era una storia privata, questa è una storia pubblica, una storia di istituzioni. Il Brookings Institution—un centro di ricerca statunitense—ha paragonato in via di principio quello che sta succedendo con il Regno Unito al crollo dell'Unione Sovietica. Quello che può succedere in conseguenza alla Brexit non è rilevante dal punto di vista finanziario; l'aspetto grave è rappresentato dal fatto che si potrebbe disintegrare la Gran Bretagna. Si tratta di un paese enormemente diviso, a livello generazionale, sociale e geografico—che rischia di perdere pezzi importanti come Irlanda del Nord e Scozia. Il problema vero è questo: non è finanziario come il caso della Lehman, ma un problema che nel lungo periodo si può rivelare di natura geopolitica.E, chiudendo il cerchio, questo come si traduce sui mercati?
I mercati sono un'altra cosa dall'economia, questo deve essere molto chiaro. Voi giovani siete cresciuti in una fase in cui la parola mercato è stata santificata. I mercati sono della gente che compra e che vende: chi compra spera che il prezzo salga e chi vende spera che il prezzo scenda. Quando accade una cosa qualunque—ricordo bene l'attentato a Reagan, quando il dollaro si abbassò del 5 percento in venti minuti—i trader comprano e vendono immediatamente sperando di farci dei soldi.
Pubblicità
Mario Draghi ieri ha parlato di un impatto negativo sul PIL dell'Eurozona fino allo 0,5 in tre anni. Come commenta la dichiarazione e cosa significa?L'effetto di — Luciano Fontana (@lucfontana)28 giugno 2016
Draghi ha probabilmente ragione; gli effetti non si cominceranno a sentire prima della fine di quest'anno, in tutta probabilità l'anno prossimo.Il problema è di natura psicologica: le persone cominceranno a essere intimorite da ciò che potrebbe succedere e quindi aumenteranno i tassi di risparmio. Chi lavora in un'azienda posseduta in tutto o in parte da capitale britannico, per esempio, avrà paura di perdere il lavoro in Italia e reagirà di conseguenza. Non vedo effetti positivi sull'economia reale a partire dall'anno prossimo, ma ovviamente tutto dipende da come andranno le contrattazioni.Parlando di contrattazioni: crede che l'incertezza sia la condizione peggiore come in molti stanno suggerendo in questi giorni?
Continuano a ripeterlo tutti ma non è vero. Non capisco come potrebbe esserlo: incertezza vuol dire semplicemente che siamo dove eravamo. Sinceramente non capisco cosa possa interessare al giornalaio sotto casa mia se la Gran Bretagna esce o non esce.
Pubblicità
Per me, per quell'80 percento a cui facevo riferimento prima, non vuol dire assolutamente niente. Io continuerò a comprare quello che compro allo stesso prezzo. Il consumatore si accorgerà che il prezzo della sterlina è caduto solo nel caso in cui l'importatore italiano di merci britanniche dovesse passare sul prezzo in Italia la caduta del prezzo della sterlina. Se la sterlina si deprezza del dieci percento, al supermercato il consumatore comune non se ne accorge, perché il distributore italiano delle merci fatte nel Regno Unito non passa al supermercato una caduta del prezzo pari a quello della sterlina. Lo lascia invariato.Se ne potrebbe accorgere l'esportatore italiano, perché ovviamente la merce italiana a parità di costi in euro verrebbe a costare più sterline. Io credo che queste però siano situazioni molto poco rilevanti: se la merce è buona questi effetti sul cambio non hanno alcuna durata rilevante.Allora come spiega tutta questa attenzione al crollo della sterlina?
Con il fatto che tutti sono alla ricerca dell'indicatore che spieghi loro se il mondo va bene o male. La sterlina va bene o male a seconda che tu le abbia scommesso a favore e contro. Non sono i cambi che cambiano la vita, è la produttività: è quella che fa la sfortuna o la fortuna del paese, il cambio non c'entra niente.Quindi, per chiudere, lei crede che la Brexit sia più preoccupante a livello geopolitico che a livello economico.
Nel breve periodo vedo forti ripercussioni sui mercati finanziari, grande volatilità, grandi perdite e grandi profitti. Nel medio, effetti non positivi sull'economia europea in generale. Infine nel lungo periodo l'effetto veramente importante è la potenziale scomparsa del Regno Unito.Segui Flavia su TwitterSegui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: