Mangiare argilla

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Cibo

Perché gli agricoltori dell'Altopiano peruviano mangiano l'argilla

Gli abitanti della regione consumavano argilla sin da prima dell'arrivo di Colombo, e quindi da molto prima della nascita dell'ultima moda hollywoodiana dell'argilla detox.

"Quieres comer?" chiede Aldo, mentre con le mani fa il gesto universale che indica l'atto del mangiare, e con l'auto rallenta e accosta. Driver esperto in questa regione del Perù, Aldo conosce il territorio come le sue tasche: è nato a Puno, sulle coste del lago Titicaca, a una ventina di chilometri da qui, e parla entrambe le lingue del posto, Quechua e Aymara.

Sedute al lato della strada, contro una parete di pietre, ci sono due donne Quechua di un'età non ben definita e un uomo i cui lineamenti sono appena visibili all'ombra del suo cappello a tesa larga. Poco distanti, un lama e un paio di alpaca brucano pacifici.

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Aldo saluta in Quechua e io abbozzo un "buongiorno" in spagnolo, le due donne rispondono sottovoce mentre l'uomo si limita a fare un cenno con il cappello. Dietro la struttura in pietra, una strada sterrata e battuta dal vento porta alle due torri pre-Incas, i monumenti funerari di Sillustani.

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Le torri funerarie di Sillustani vicino a Puno in Perù. Foto dell'autore.

Aldo, che sembra molto più affamato di me, fa alla donna alcune domande in Quechua. Lei risponde con un rapido cenno della mano e sparisce all'interno della piccola corte alle sue spalle.

"Vieni, mangiamo," dice Aldo. "Lei ha sempre cibo per il turisti del mattino."

Ci accomodiamo, e in un semplice ciotola di argilla su un tavolo in pietra, troviamo un assortimento di tuberi peruviani: patate gialle bollite, olluco dorato, e chuño, patate disidratate, bianche e nere. La donna infilza con un coltello un pezzo di formaggio.

"Queso," dice, prima di voltarsi di nuovo per occuparsi del fuoco.

"Che cos'è questa salsa?" chiedo ad Aldo, mentre indico una ciotola di liquido color kaki, piuttosto pastoso. "Chaco. Arcilla de chaco," risponde: "Argilla."

Denominata ufficialmente geofagia, il dizionario la definisce come "Ingestione di vari tipi di terre (tra cui l'argilla" e suggerisce che la pratica venga utilizzata da alcune comunità per "arricchire l'apporto di minerali e sostanze nutritive" nella propria alimentazione, "o per tradizione culturale." Anche gli animali lo fanno: pappagalli, scimpanzé e cacatua.

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Nel momento in cui mi viene offerta, però, non sono affatto a conoscenza di tutto questo. La donna la mescola con un grosso cucchiaio di legno. "Chaco," dice, mentre fa un mezzo sorriso e si tocca la pancia con le dita. Mi passa una ciotola con delle patate. Ne prendo una, la puccio nell'argilla e assaggio.

Prova a immaginare che sapore potrebbe avere l'argilla. Ecco, ha esattamente quel sapore lì, con un po' di sale in più.

Mentre mangiamo le patate con l'argilla, Aldo mi spiega che gli abitanti dell'Altiplano in Peru e in Bolivia mangiano l'argilla, o arcilla, sin da prima dell'arrivo di Colombo, più per le sue proprietà curative, che per il suo sapore. Per i contadini, e in particolare per le mogli incinta dei contadini, l'argilla è una fonte importante di calcio, ferro, zinco e rame.

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Una ciotola di argilla, anche detta "chaco." Foto dell'autore.

Oggi, spiega Aldo, questi contadini mangiano l'argilla principalmente per evitare o curare le indigestioni e le ulcere allo stomaco (come il farmaco Kaopectate in commercio, il cui principio attivo è proprio una tipologia assorbente di argilla). In molti credono, inoltre, che abbia proprietà detox: nasce da qui l'ultima tendenza di Hollywood a consumare argilla per purificare il proprio corpo dalle tossine in eccesso.

Le popolazioni che abitano l'Altiplano, però, non raccolgono qualsiasi tipo di argilla trovino, altrimenti il rischio di contrarre malattie e ingerire batteri e parassiti, o addirittura alte quantità di piombo o arsenico,annienterebbe qualsiasi tipo di proprietà benefica.

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Mentre indica il panorama di prati oltre il muro di pietra, Aldo mi spiega, "Qui è dove il contadini locali scavano per ottenere l'argilla. Fanno buchi molto profondi, anche più alti di loro stessi, per arrivare a prelevare l'argilla più pura. Quando l'argilla è mischiata con altri minerali non è buona."

Aldo prende una scheggia di chaco secco, di colore grigio, e me lo passa. Mi spiega che l'argilla viene estratta dalla cava con un piccone. Ma il chaco, dice, non viene mangiato appena estratto dalla terra: deve essere prima completamente essiccato al sole. Una volta essiccato, viene dissolto in acqua con il sale, e solo alla fine di questo processo, è pronto per essere consumato con le patate o altri tuberi.

"Prova questo," dice Aldo, mentre mi passa del chuño. È amaro, e non proprio piacevole, ma la signora mi sorride. "Ora puccialo nell'argilla," mi dice Aldo.

Ricoperto di chaco salato, l'amarezza del chuño è perfettamente bilanciata. L'argilla non è solo medicinale, quindi, ma serve anche per rendere più tollerabili i sapori sgradevoli.

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Una donna Quechua prepara il pasto a base di argilla.

La storia del chaco non si esaurisce qui, in questo altopiano quasi disabitato. A circa 870 km a nord-est di Puno, c'è Lima, la frenetica capitale del Perù. Qui, tra moltissimi ristoranti rinomati in tutto il mondo, c'è Central, che è stato eletto il quarto miglior ristorante al mondo nel 2018.

Virgílio Martínez, lo chef, e il suo team hanno viaggiato in tutto il paese, dal deserto, agli altipiani, fino alle profondità della giungla, per scoprire nuovi ingredienti ispirati alla tradizione peruviana. Uno di questi è proprio l'arcilla de chaco, trovata in Acora, la regione di Puno.

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"Abbiamo passato una notte sul Lago Titicaca, noi quattro chef, circa dieci anni fa, ed è stata una scoperta unica," mi dice Martínez quando gli chiedo di spiegarmi le origini della sua ricetta a base di argilla. "Eravamo alla ricerca di ispirazioni, tradizioni e nuove esperienze, insomma qualsiasi cosa: ma sinceramente, la cosa che ci aveva entusiasmato di più era la patata essiccata. Dopo una lunga camminata sull'Altiplano, abbiamo intravisto un gruppo di agricoltori che estraevano l'argilla dal terreno. Abbiamo chiesto loro a cosa servisse e ci hanno spiegato che la usavano per cuocere le patate che avevano appena raccolto. Avevano circa 30 varianti di patata, tutte ricoperte di argilla, e le cuocevano in un forno rudimentale."

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Il "Green Highland," piatto a base di argilla chacoe cushuro servito al ristorante Central, a Lima. Foto per gentile concessione di Jimena Agois.

Martínez descrive l'argilla cruda come un sapore dolce, alle erbe, con una consistenza morbida che ricorda un po' la gomma. Quando l'argilla arriva a Lima, da Puno, è quasi secca e spesso viene trasformata in polvere. A questo punto, dice Martínez, non ci sono più regole su come utilizzarla in un ristorante.

Al ristorante Central, l'argilla è un ingrediente del piatto "Green Highlands", preparato con cushuro (un'alga di acqua dolce anche nota come "caviale delle Ande") e cacao. L'argilla è usata anche in tantissimi altri modi innovativi.

"Copriamo ancora le patate con l'argilla, ma la usiamo anche per dare consistenza alle salse," spiega Martínez. "Per i dolci e le coperture dei dolci, per le salse fredde in emulsione e per coprire il pesce prima di metterlo in forno. Sciogliamo l'argilla con il cacao per i dessert. E la usiamo anche per coprire le verdure prima di cuocerle, per ottenere una crosticina commestibile."

Grazie all'innovazione culinaria, il chaco sembra aver trovato una nuova casa qui a Lima, oltre alla sua terra natale dell'Altiplano peruviano, e ben lontano dalla moda hollywoodiana del detox.

Questo articolo è comparso originariamente su MUNCHIES FR.

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