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Politică

Qualcuno salvi il Natale dalla destra italiana

Come ogni anno, parte della politica italiana ha deciso che è in corso una guerra al Natale.
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Ci sono molti modi per percepire l’avvicinamento delle festività natalizie: le pubblicità in televisione, Mariah Carey che torna in cima alle classifiche, oppure la ricomparsa delle polemiche sulle iniziative—vere o presunte—che vorrebbero mettere in discussione la legittimità stessa del Natale in Italia, e le conseguenti reazioni politiche tutte incentrate sulla “difesa della Cristianità.”

Pochi giorni fa è stata la volta di una scuola in provincia di Venezia, le cui maestre avrebbero fatto rimuovere una frase dedicata a Gesù da una canzoncina di Natale “per non offendere la sensibilità degli scolari di religione musulmana.” Un’eroica bambina, però, si sarebbe ribellata a questo piano, riuscendo, attraverso una petizione sottoscritta “da moltissimi allievi,” a riportare Gesù al suo posto.

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Sul caso è saltato subito il ministro dell’Interno Salvini, che in un tweet ha definito “inqualificabili” le maestre ed “eccezionale” la bimba. Poco dopo è tornato sull’argomento affermando che “chi tiene fuori dall’aula di scuola Gesù Bambino non è un educatore.” La bambina ha ricevuto gli elogi anche del ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana (“un grande gesto a difesa delle nostre tradizioni”) e dell’assessore all’istruzione della Regione Veneto, Elena Donazzan (Forza Italia), che ne ha tratteggiato un ritratto quasi eroico, parlando della vittoria della sua “purezza” contro il “delirio ideologico.”

Avete una vaga impressione di déjà vu? È normale: storie come questa si ripetono da qualche anno a questa parte esattamente uguali ogni Natale.

L’anno scorso c’era stato il caso, per esempio, di una scuola elementare in provincia di Pordenone, in cui “Gesù” sarebbe stato sostituito dalla parola “Perù,” sempre per non “turbare la sensibilità” dei non cristiani. In quell’occasione era intervenuta anche l’allora presidente della regione Debora Serracchiani (PD), per denunciare come “fuori luogo” le iniziative “che tendono ad autosopprimere espressioni tradizionali in cui cittadini si riconoscono da secoli.”

Nel 2016 era toccato a una scuola elementare di Pontevico (Brescia), sempre per una canzoncina di Natale da cui sarebbe stato rimosso Gesù. Nel 2015, il terribile caso della scuola di Rozzano che “cancella il Natale” rinviando la festa a gennaio e spingendo vari politici—il solito Salvini, ma anche Mariastella Gelmini e Ignazio La Russa—a inscenare un presidio con cori di Natale e presepi davanti all’istituto.

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Tra canzoni modificate, recite rinviate, crocifissi rimossi e presepi rivisitati, potremmo andare avanti veramente a lungo con gli esempi. Quello del Natale “rubato” per non urtare la sensibilità dei non cattolici è ormai un vero e proprio genere letterario, che segue un copione ben preciso: di solito la notizia compare sulla stampa locale, spesso senza dettagli o informazioni di contesto, e sulla base di testimonianze anonime (nell’ultimo caso, la madre della bambina ribelle, riportata dal Gazzettino di Padova); da qui, viene rilanciata sui social da qualche politico ansioso di ricordare come la difesa dei “valori cristiani” sia in cima alla lista delle priorità; infine, approda sulla stampa nazionale e diventa ufficialmente materia di dibattito.

Poco importa se, nel frattempo, si scopre che la notizia era distorta o del tutto falsa: come nel caso della scuola di Firenze che nel 2015 avrebbe annullato la visita a una mostra di arte religiosa “per venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche,” o della famigerata “Grande festa delle buone feste” di una scuola milanese l’anno scorso, che si era guadagnata anche un commento allarmato di Massimo Gramellini sul Corriere, in cui l’editorialista metteva in guardia contro “il mondo slavato dei non luoghi e delle non identità” verso cui saremmo diretti.

Ma da dove viene questa paranoia? E perché continua a riproporsi?

Innanzitutto bisogna dire che non si tratta di un fenomeno solo italiano: negli Stati Uniti l’idea che sia in corso una “guerra contro il Natale” viene rilanciata da più di dieci anni dalla propaganda di destra, tanto da meritarsi una categoria a se stante su uno dei portali di informazione di Fox News.

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Anche qui ritroviamo lo stesso tipo di notizie: i campus universitari che incoraggiano a celebrazioni natalizie “laiche e inclusive,” recite scolastiche censurate, professori che invitano a dire “buone vacanze” invece che “buon Natale,” e così via. A credere fermamente in questa cospirazione ai danni della cristianità è ovviamente Donald Trump, che, dopo aver fatto della difesa del Natale uno dei temi centrali della propria campagna elettorale, ha detto che è grazie a lui se ora gli americani possono dire “buon Natale” liberamente.

Come ha spiegato Liam Stack sul New York Times, la diffusione di quest’idea nel mainstream si può far risalire a un libro del 2005, scritto dal commentatore di Fox News John Gibson e intitolato eloquentemente The War on Christmas: How the Liberal Plot to Ban the Sacred Christian Holiday Is Worse Than You Thought. L’esposizione mediatica di Fox News—e in particolare di un commentatore come Bill O’Reilly, che dopo l’elezione di Trump ha festeggiato la vittoria dei “buoni” nella guerra contro il Natale—ha fatto il resto.

Volendo si potrebbe risalire addirittura a un secolo fa—quando l’accusa di voler sabotare la festa era rivolta contro gli ebrei—ma per quanto riguarda gli ultimi vent’anni la paranoia sul Natale va letta sullo sfondo di due fenomeni strettamente collegati: la controversia sul “politicamente corretto”—che tiene banco negli Stati Uniti almeno dagli anni Novanta—e l’islamofobia esplosa in tutto l’Occidente soprattutto dopo l’11 settembre.

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I conservatori descrivono abitualmente il “politicamente corretto” nei termini di una dittatura, facendo appello alla libertà di parola per respingere qualsiasi battaglia che abbia come obiettivo la tutela di un gruppo minoritario o svantaggiato—che si tratti di parità di genere, di un linguaggio più inclusivo, o della delegittimazione dei discorsi d’odio. Luoghi privilegiati di questo scontro sono proprio le scuole e le università, immaginate come roccaforti della sinistra liberal e quindi deputate a una sorta di lavaggio del cervello delle nuove generazioni—di cui farebbe parte anche l’eradicazione del Natale.

A questo si aggiunge l’ansia della “grande sostituzione,” da sempre presente nel bagaglio intellettuale della destra che ama descrivere l’Occidente come in perenne declino, ma decisamente tornata in voga negli ultimi anni con le varianti cospiratorie sul Piano Kalergi e affini—per farla breve, l’idea che gli “immigrati” musulmani sostituiranno i popoli europei e le loro tradizioni. La “guerra contro il Natale” sarebbe quindi frutto di un’alleanza tra gli “invasori stranieri” e la sinistra iper-tollerante e politicamente corretta.

Non stupisce che un simile discorso abbia trovato terreno fertile anche in Italia, dove l'attaccamento alle tradizioni cattoliche si è combinato a una propaganda xenofoba martellante, che proprio sul refrain dell’immigrato che “viene qui a imporre le sue usanze invece di rispettare le nostre” ha costruito tante delle sue battaglie: dal cibo (la guerra contro il cous cous o il kebab), al culto (la guerra contro le moschee), all’abbigliamento (la guerra contro “il velo.”)

Si tratta, ovviamente, di paranoia allo stato puro: non c’è nessuno che vuole impedirvi di dire “buon Natale” più di quanto non ci sia nessuno che vuole obbligarvi a mangiare il kebab al posto delle lasagne. Ma è una paranoia che paga in termini di consenso, e Matteo Salvini l’ha capito bene—specialmente ora che ha abbandonato il vecchio paganesimo padano per dedicarsi alla più tradizionale difesa dei valori cattolici.

Costruire l’immagine di un assedio a cui resistere e farsi paladino di questa resistenza serve a tenere alta la tensione di uno scontro artificiale, mettendo sempre bene in chiaro chi è il nemico. Del resto Salvini lo fa da sempre, con la differenza che adesso occupa le poltrone di vicepremier e Ministro dell’Interno, e la cassa di risonanza per storie come questa non è mai stata così potente. Dalla scuola che censura Gesù siamo già passati alle polemiche sul presepe: tenetevi forte, a Natale mancano ancora parecchi giorni.

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