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"Sono skinhead e antirazzista, e ho deciso di andare in Ucraina per aiutare la gente"

Abbiamo intervistato uno degli otto spagnoli arrestati al ritorno dall'est dell'Ucraina, dove erano andati a combattere accanto alle formazioni filorusse attive nel Donbass.

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Venerdì 27 febbraio, sei di mattina. Due mesi dopo essere tornato a casa dal fronte, Sergio Becerra, uno spagnolo di 30 anni, è a letto nella sua casa in centro a Madrid. Suonano alla porta. "Il ricordo successivo è di un gruppo di poliziotti a volto coperto. Mi chiedono soltanto come mi chiamo e se sono stato in Ucraina." Sergio risponde affermativamente, "non ho nulla da nascondere." Dalla perquisizione non risultano armi. "Non ne ho." Gli agenti passano in rassegna ogni stanza e angolo della casa. Ad interessarli sono soprattutto il cellulare, le uniformi e le mostrine militari. Lo portano in commissariato.

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Lì Sergio ritrova alcuni volti familiari: Rafa, Héctor, Adri… "compagni del fronte." La prima operazione europea contro i civili stranieri arruolati nella Brigata Internazionale del Donbass è appena iniziata. Quindici ore dopo, otto persone vengono scarcerate in attesa di giudizio. Il Ministero dell'Interno le accusa di aver messo in pericolo la neutralità della Spagna, di "presunto concorso o complicità in assassini e omicidi portati a termine dai gruppi e i battaglioni a cui si sono uniti," e, in taluni casi, di possesso di armi ed esplosivi.

Due giorni dopo abbiamo incontrato Sergio. Con lui ci sono Héctor Arroyo e Ramiro Gómez, del Comité de Apoyo a la Ucrania Antifascista de Madrid, che dichiara di essere stato a Luhansk, nel suo caso tuttavia "solo a scopo umanitario." Quel giorno a Puerta del Sol è in programma una manifestazione contro gli arresti dei giorni precedenti, e i nostri interlocutori arrivano avvolti nella bandiera della Nuova Russia, un termine storico recentemente recuperato come simbolo della causa indipendentista nel Donbass. Al termine della manifestazione, una donna che dice di essere scappata in Spagna da Luhansk si avvicina e spiega a Sergio che la popolazione li "appoggia." Per loro, continua la donna, "quello che state facendo significa moltissimo." Sergio, barba corta e carnagione olivastra, si illumina in volto.

Prima di riconoscere di aver "ricevuto un addestramento militare" e specificare che la sua è "una lotta ideologica contro chi combatte per soldi, come i mercenari contro cui si sono battute le nostre unità," Sergio vuole mettere in chiaro "che nella milizia popolare non viene pagato nessuno, e chi vuole andare deve mettersi in testa che prenderà del gran freddo e mangerà male." Però, secondo lui, "ne vale la pena." Il giovane, monitorato per mesi dalla polizia attraverso le informazioni raccolte sui social network, spiega di aver "lasciato un buon lavoro da restauratore di auto di lusso" per andare in Ucraina, perché "non sopportavo l'idea di gente che veniva massacrata" e perché "nel Donbass si stanno commettendo crimini contro l'umanità." È partito dalla Spagna con la "convinzione di fare la cosa giusta," e ora, mentre aspetta che le indagini facciano il loro corso e riceve "l'appoggio dei comandanti dell'Unità 404" (della quale fa tuttora parte), pensa soltanto a una cosa: "Tornare il prima possibile."

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A fine febbraio del 2014, proprio mentre l'ex presidente ucraino Yanukovich scappava da Kiev, su YouTube hanno fatto la loro comparsa i primi video di propaganda filorussa tradotti in spagnolo. Prima ancora dell'annessione della Crimea e dello scoppio della guerra nell'est del Paese, i video degli scontri e i notiziari russi sottotitolati hanno lentamente iniziato a circolare fino a diventare sempre più numerosi. È attraverso questi canali, in cui il governo ucraino viene definito la "giunta fascista di Kiev," che Sergio, Héctor e gli altri hanno veicolato al pubblico le loro testimonianze. Nel frattempo, stando a quanto confermato dal Ministero dell'Interno, la polizia prendeva nota di tutto.

Più avanti, nel pieno del conflitto nella regione del Donbass, sono arrivati i primi gruppi Facebook in cui si raccoglievano soldi per gli aiuti umanitari. Da allora, e fino a oggi, sui social network si sono moltiplicati gli account che diffondono immagini della guerra e interviste coi volontari spagnoli raccolte dalla stampa russa per dare prova dell'appoggio internazionale alla causa di Mosca in Ucraina. Questo materiale, unito al passaparola nei circoli antifascisti spagnoli, ha sancito l'ingresso degli arrestati nel conflitto.

Due volontari spagnoli in un video filorusso.

"Io l'ho saputo tramite Sergio e altra gente, e lo dico perché tanti pensano che sia una cosa dei circoli comunisti, dei nuovi partiti e delle reti di reclutamento [come suggeriscono le indagini]. Ma non è vero. Io non sono comunista né appoggio Putin o la Russia. Io sono Sharp, skinhead e antirazzista, e ho deciso di andare in Ucraina per aiutare la gente." Héctor è di Madrid, ha 27 anni e prima di decidere di andare nel Donbass era disoccupato.

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Ha preso un volo per Mosca, poi uno per Rostov, e una volta lì ha incontrato "un contatto delle milizie" che l'ha portato in autobus fino alla "zona di guerra." Ha attraversato "paesi fantasma" e ha visto "famiglie che ogni singolo giorno [a Luhansk] andavano in ospedale nella speranza di rimediare un po' di cibo e vestiti." Preferisce non parlare di armi o della guerra vera e propria. "C'è un'indagine in corso, e anche se non ci sono prove preferisco non parlarne." Ma ricorda anche quanto è stato "difficile comunicare" senza conoscere una parola di russo, dovendo ricorrere all'inglese "praticamente con chiunque." Come Sergio, Héctor fa parte dell'Unità 404 coordinata dall'Essenza del Tempo, un movimento ultranazionalista russo che vuole ristabilire l'URSS. "Ho militato anche nella Brigata Continentale; lì c'erano tanti francesi e serbi."

Tra la scorsa estate e l'inizio dell'autunno, in concomitanza con l'arrivo dei primi volontari spagnoli, gli scontri hanno registrato un calo d'intensità. L'esercito ucraino e le milizie russe hanno osservato una difficile tregua fino alla metà di gennaio 2015, quando un'offensiva da parte russa si è conclusa con la presa dell'aeroporto di Donetsk e l'accerchiamento di 3.000 soldati ucraini a Debaltseve. A seguito dell'intervento della diplomazia europea, lo scorso febbraio è stato siglato il protocollo "Minsk II," che prevede una zona cuscinetto tra i due fronti.

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Secondo Héctor, la prossima spedizione dei "brigatisti internazionali" spagnoli—"sempre se la polizia ce lo permette"—avrà luogo questa primavera, e più precisamente il 9 maggio, quando il comitato di sostegno all'Ucraina ha convocato una carovana umanitaria antifascista che partirà dall'Italia alla volta di Luhansk. Ramiro Gómez, portavoce del comitato, crede che "non dobbiamo nasconderci: la cosa migliore è continuare a rivendicare la nostra causa, ed è per questo che torneremo." Come spiega in diversi messaggi su Facebook e Twitter, Gómez è stato nel Donbass "per portare aiuti umanitari." Dai gruppi Europe With Donbass e Comité de Apoyo anima una causa che, dice, gli ha messo davanti agli occhi "madri e bambini morti e famiglie e case distrutte."

Per tanti ucraini residenti in Spagna le attività di appoggio alle milizie filorusse sono "pura propaganda" a sostegno dell'invasione russa del Paese. Lo sostiene Lilia Nikolayev, di 27 anni, una delle coordinatrici di ConUcrania.com. Il sito, insieme ad altre iniziative, rappresenta centinaia di ucraini che, come Nikolayev, da tempo "cercano sostegno con l'obiettivo di arrivare alla pace." A detta loro, a guidare la propaganda filorussa in territorio spagnolo sarebbero una serie di associazioni culturali, ristoranti e gruppi come Essenza del Tempo.

Ramiro Gómez, a destra.

Manuel Cancio, docente di Diritto Penale dell'Università Autonoma de Madrid, ritiene che i capi d'accusa resi pubblici dal Ministero dell'Interno siano privi di "fondamento giuridico" e "mischino il diciannovesimo e il ventunesimo secolo." Diverse sono le accuse di "danneggiare la neutralità della Spagna" sullo scacchiere geopolitico globale e continentale, qualcosa di "oggigiorno poco probabile, dal momento che si tratta di otto persone che sembrano agire liberamente," e che "le guerre sono asimmetriche, non fatte da uno stato contro un altro," come accadeva in passato. Quanto alle accuse di concorso in omicidio, secondo Cancio l'unico modo per arrivare all'incriminazione, "vista la difficoltà di dimostrare che [i fermati] hanno effettivamente ucciso qualcuno," bisognerebbe ammettere il "principio penale di doppia incriminazione," ovvero "ammettere la competenza giurisdizionale di Kiev" nella zona di conflitto.

Per Cancio, considerata la "debolezza della gran parte dei capi d'accusa a livello giuridico," è difficile che da parte spagnola "si possa definire terrorismo qualcosa che avviene al di fuori del cortile dell'Unione Europea e del resto dei paesi occidentali con cui abbiamo basi costituzionali comuni." Secondo lo specialista, un buon esempio è il caso dei brigatisti spagnoli che hanno combattuto nelle fila curde a Kobane. Secondo Cancio, "l'ideologia è la stessa, ma nessuno li ha accusati di essere delinquenti o terroristi."