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Povertà, mafia e corruzione: per i bambini in Italia la vita può essere un vero inferno

Secondo i dati raccolti da Save the Children, in Italia un bambino su 20 non mangia un pasto proteico al giorno e non può contare su due paia di scarpe. Tra il 1896 e il 2014 la mafia abbia ucciso 85 minorenni, gran parte dei quali nelle regioni del...
Foto di Riccardo Venturi per Save the Children

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In Italia il dieci per cento dei minori - più di un milione di bambini - vive in condizioni di assoluta povertà. Di questi, uno su venti non mangia un pasto proteico al giorno e non può contare su due paia di scarpe l'anno. Centomila bambini hanno almeno un genitore in prigione, mentre 35 infanti sotto i 3 anni sono reclusi nelle carceri insieme alle madri.

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Sono questi alcuni dei dati contenuti nella sesta edizione dell'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia, presentato mercoledì da Save the Children. La raccolta di dati, infografiche, mappe e testimonianze racconta l'impatto della povertà e dell'illegalità sui minori: conseguenze "economiche, sociali, culturali, relazionali, relative ai servizi, alle competenze, alle opportunità," come si legge nella prefazione del rapporto.

Povertà e stato assente

Più di 571.000 famiglie italiane vivono in povertà assoluta. Il loro numero è cresciuto in maniera significativa a partire dagli anni Novanta, ma ha visto un picco negli ultimi dieci anni: guardando i dati Istat contenuti nel rapporto, tra il 2005 e il 2014 sono triplicate le famiglie che vivono in condizioni di totale indigenza con almeno in minore a carico.

L'impatto della povertà è sentito in maniera particolarmente forte dai bambini: in media in Italia, uno ogni 20 non mangia un pasto proteico al giorno e non può contare su due paia di scarpe l'anno; il dieci per cento dei bambini italiani possiede solo abiti usati, non ha abbastanza soldi per una festa di compleanno e non può partecipare a gite o altri eventi scolastici a pagamento.

Le famiglie che vivono in povertà assoluta sono più numerose al sud (il 9,3 per cento del totale delle famiglie con almeno un minore a carico), dove sono costituite in prevalenza da italiani. Al nord, invece, la povertà colpisce maggiormente le famiglie composte da stranieri e residenti soprattutto nelle grandi metropoli.

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Il problema della povertà è esacerbato dalla latitanza dello stato nel fornire anche i servizi sociali più basilari, dall'assistenza nella prima infanzia ai servizi educativi in genere. "In Italia la spesa per l'infanzia è da sempre una spesa residuale," si legge nel rapporto di Save the Children. "Si tratta per lo più di briciole, concessioni, bonus, misure una tantum, e solo raramente di investimenti, programmi duraturi, servizi."

Nonostante l'Italia sia un paese con una spesa sociale elevata, superiore alla media europea sia in rapporto al PIL che al livello pro-capite, metà dei fondi è destinata agli anziani. Nel 2012 l'Italia ha speso meno della media dei paesi europei per l'istruzione: rispettivamente un terzo in meno per la scuola primaria e un quarto in meno per quella secondaria.

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E queste sono le conseguenze: in Italia in media solo il 13 per cento dei bambini sotto i tre anni è preso in carico dagli asili nido o dai servizi integrativi, 20 punti sotto al livello del 33 per cento fissato dagli obiettivi europei (gli Obiettivi di Lisbona) da raggiungere entro il 2020; solo un terzo delle scuole primarie offre il tempo pieno, diminuendo le opportunità di studio dei bambini e creando difficoltà per le famiglie con entrambi i genitori occupati; circa il 70 per cento dei quindicenni non ha la possibilità di formare un gruppo musicale a scuola, il 30 per cento degli istituti non offre opportunità di svolgere volontariato, e molti istituti non garantiscono nemmeno la possibilità di svolgere attività sportive.

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Secondo il rapporto, lo sforzo insufficiente da parte dello stato è visibile anche nel caso dei 100.000 bambini e adolescenti costretti a varcare le porte delle carceri per far visita a un genitore detenuto: un'esperienza resa più dolorosa, stando a Save the Children, "dall'assenza di spazi, procedure e attenzioni idonei alla loro giovane età."

Ma non è solo l'ambiente carcerario a essere inospitale per i bambini. Infatti, stando ai dati del Gruppo CRC riportati nell'Atlante, il 91 per cento delle carceri è privo di personale specializzato, mentre il 67 per cento degli operatori delle prigioni non pensa di avere una formazione sufficientemente adeguata per accogliere i bambini in carcere.

I bambini e la criminalità

La presenza ancora forte in Italia della corruzione, delle mafie e dell'illegalità diffusa ha conseguenze particolarmente pesanti per bambini e adolescenti. La banca dati di Libera, usata come base per le infografiche del rapporto di Save the Children, mostra come tra il 1896 e il 2014 la mafia abbia ucciso 85 minorenni: gran parte delle morti sono avvenute al sud, soprattutto nelle province di Napoli, Reggio Calabria e Palermo; ma ci sono stati anche alcuni casi al centro e al nord, vittime soprattutto di sequestri. Un minore su quattro è stato ucciso durante l'esecuzione di una vendetta diretta. Il 41,2 per cento delle vittime, invece, non era l'obiettivo designato degli omicidi, ma un morto "collaterale" ucciso da proiettili vaganti o scambi di persona.

Ma l'impatto devastante della criminalità organizzata sui minorenni italiani non si limita solo ai casi di morti ammazzati. "Per avere una misura più precisa dell'ampiezza del fenomeno bisognerebbe ad esempio calcolare quanti bambini e ragazzi abbiano dovuto affrontare in questi decenni la perdita di un familiare (un fratello, una sorella, un padre, una madre, uno zio) per mano delle mafie," si legge nel rapporto di Save the Children. Una problematica tanto difficile quanto spesso ignorata, in quanto rimane difficile quantificare questo genere di casistica.

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Difficile da quantificare è anche il numero di minorenni assoldati dai clan mafiosi e trasformati in corrieri, baby-boss e sicari. Si legge nel rapporto: "A osservare da vicino gli effetti più immediati e drammaticamente visibili della presenza mafiosa sull'infanzia in Italia, ci si imbatte infine nell'ampia casistica - ancora più articolata e sfuggente - dei bambini e dei ragazzi utilizzati a vari livelli dalle organizzazioni, spesso inviati a uccidere o a morire per conseguire i loro obiettivi criminali."

Stando a diversi studi raccolti da Save the Children, un primo uso massiccio di minorenni si è riscontrato a Gela, in Sicilia, nei primi anni Novanta: veri e propri "commando di baby killer" sono stati assoldati nella guerra mafiosa tra la Stidda e Cosa Nostra. I giovani erano sia "figli d'arte," cresciuti in famiglie mafiose dove il contatto con la violenza più sanguinaria era all'ordine del giorno, sia ragazzi cresciuti al di fuori delle tradizionali famiglie mafiose e adescati dai loro compagni di scuola, figli dei boss. Oggi i bambini vengono ancora utilizzati a vari livelli nelle organizzazioni criminali, e il fenomeno sembra addirittura peggiorato, soprattutto nel napoletano.

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Più di mezzo milione di bambini in Italia vive in "contesti ad alta densità mafiosa:" tra questi, i 153 comuni italiani sciolti per mafia negli ultimi 17 anni. Le conseguenze sembrano impercettibili, ma vanno invece ad aumentare l'abbandono vissuto da numerose località del paese, in cui lo stato fatica a farsi vedere e sentire: "Speculazione e cemento cancellano paesaggi, aree verdi; la gestione clientelare dei servizi inquina il territorio, spegne l'illuminazione pubblica, svuota i rubinetti, trascura perfino le strisce pedonali, attenta alla salute e alla sicurezza dei più piccoli; l'ignavia di amministrazioni locali infiltrate e corrotte trascura politiche e servizi per l'infanzia alimentando gravi povertà educative," scrive Save the Children.

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E sono proprio le "povertà educative," incentivate dagli scarsi investimenti pubblici e rilanciate dal disinteresse dei governi locali, a essere acuite dall'altro grande male italiano, la corruzione. Stando al sondaggio condotto nel 2013 dal Quality of Government Institute su 8.500 cittadini italiani, in sette regioni su 20, tutte al centro-sud, la percezione della corruzione nell'istruzione pubblica è sopra o molto sopra la media. Questo mentre l'Italia si posiziona al 69esimo posto su 175 paesi nella classifica sulla percezione della corruzione stilata dalla ONG Transparency International.


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Tutte le foto sono di Riccardo Venturi per Save the Children