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Il contrabbando di sigarette in Italia è tornato a essere uno dei traffici più redditizi

Sono state 4,42 miliardi le sigarette contraffatte o contrabbandate vendute sul mercato nero italiano nell’ultimo anno, togliendo alle casse statali 770 milioni di euro di introiti fiscali.
Foto via Flickr

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Il tir greco fermato per un controllo giovedì scorso a Caivano, in provincia di Napoli, avrebbe dovuto trasportare semplici verdure surgelate. Ma dietro alle scatole di ortaggi si nascondeva una merce ben più redditizia: otto tonnellate di sigarette di contrabbando apparentemente destinate al mercato nero casertano.

È stato solo l'ultimo di una lunga serie di sequestri di tabacchi illegali avvenuti di recente in tutta Italia. Solamente nella settimana precedente, 52 chili di 'bionde' erano state rinvenute a Rimini su un autobus proveniente dalla Romania, mentre a Melito, nel napoletano, i carabinieri avevano sequestrato 8.730 pacchetti di diversi marchi esteri.

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Insieme a droga e prostituzione, il contrabbando di sigarette è uno dei capisaldi della 'trinità dell'illecito' in Italia. Secondo i dati diffusi dall'ISTAT e relativi al 2013, queste tre attività sommerse valgono l'un per cento del PIL—pari a 16 miliardi di euro

Secondo uno studio pubblicato da KPMG, sono state 4,42 miliardi le sigarette contraffatte o contrabbandate vendute sul mercato nero italiano nell'ultimo anno, togliendo alle casse statali 770 milioni di euro di introiti fiscali.

Il tabacco rimane quindi prodotto di prima scelta per i contrabbandieri, in Italia e non solo. Perché, dicono gli esperti, si tratta di merce facile da piazzare, soprattutto in tempi di crisi, a maggior ragione con il continuo aumento dei prezzi delle sigarette vendute legalmente.

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"Le sigarette sono un prodotto abbastanza ideale [per il contrabbando]," spiega a VICE News il Professor Francesco Calderoni del centro di ricerca Transcrime, autore di numerosi studi sul traffico di sigarette illegali.

"Sono facilmente trasportabili perché non c'è il rischio che si rompano o vengano manomesse. Il valore unitario è molto elevato. Il costo di produzione di un pacchetto di sigarette si aggira intorno ai 20/30 centesimi. Il fatto che vengano vendute al 50 per cento del prezzo legale, intorno ai 3 euro circa, genera un profitto spaventoso con una grande facilità di smistamento del prodotto."

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Si tratta di un mercato, quello del tabacco illecito, che ha subito un processo di mutamento negli ultimi anni. Un tempo i contrabbandieri si concentravano sulla contraffazione di marchi noti, come Marlboro o Camel.

Adesso invece a farla da padrone sono soprattutto le cosiddette 'illicit whites' o 'cheap whites'—American Club, Jin Ling, Royal Classic, sigarette che non si trovano sugli scaffali delle tradizionali tabaccherie, ma spopolano sulle bancarelle dei mercati illeciti.

Sono sigarette prodotte legalmente nell'Est Europa - soprattutto Bielorussia, Ucraina, Ungheria, Romania - o in Medio Oriente ma che, prive dell'autorizzazione del Monopolio di Stato, non sono commerciabili in Italia. Per la loro produzione, infatti, le aziende non rispettano gli standard qualitativi imposti dalla Comunità Europea.

"È difficile contrastare le 'illicit whites'," continua Calderoni. "Sono marchi esteri prodotti da aziende che spesso hanno forti legami con l'apparato politico, come in Russia e Bielorussia. Il problema principale è che questi paesi non contrastano la produzione e lo smercio di queste sigarette, visto che le fabbriche produttrici pagano le tasse locali, importano capitali esteri e rappresentano quindi un forte vantaggio per i paesi ospitanti."

I canali di importazioni del tabacco di contrabbando sono numerosi, a partire dalla cosiddetta rotta baltica che collega i paesi ex URSS ai valichi del Nord Italia.

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Il Triveneto, con le sue frontiere slovene e austriache, è il crocevia più trafficato del contrabbando via terra. Qui transitano tir e furgoni che trasportano tonnellate di sigarette illecite, spesso nascoste in appositi vani e intercapedini per meglio eludere i controlli doganali. È il caso, per esempio, dei due camion ungheresi fermati lo scorso aprile al valico di Fernetti, a Trieste, con 17 tonnellate di sigarette celate dietro vasetti per conserve alimentari e dirette principalmente in Campania.

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Spostandosi più a Sud, invece, a regnare è il contrabbando via mare, su cui viaggiano le sigarette provenienti da Emirati Arabi Uniti, Grecia e Cina. Questi carichi illegali, stipati nelle stive di gigantesche navi cargo, approdano nei principali porti commerciali di Ancona, Brindisi, Gioia Tauro e soprattutto Napoli, dove vengono poi messe sul mercato locale o proseguono verso il Nord Europa.

La città partenopea si è affermata come vero e proprio centro nevralgico di questi affari. Secondo il rapporto di KPMG, nel 2014 il 34 per cento dei sequestri nazionali di sigarette è avvenuto proprio a Napoli, dove i traffici sono gestiti direttamente dalla Camorra.

"Per la criminalità organizzata questo genere di contrabbando sta tornando ad essere la forma di guadagno più importante subito dopo la droga", aveva dichiarato a L'Espresso il comandante della polizia di Afragola, Luigi Maiello.

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Non si tratta di niente di nuovo. Il legame tra traffico di sigarette e criminalità organizzata risale agli anni '80, quando Camorra e Sacra Corona Unita erano i veri dominus degli affari.

All'epoca, raccontano le cronache, la provincia di Brindisi divenne la base operativa dei re del contrabbando: le famiglie Ciciriello e Contestabile e il clan Mazzarella, originario di Napoli. Nella città portuale pugliese approdavano gommoni carichi di tabacchi provenienti da Albania e Montenegro che poi venivano smistati nei depositi locali.

La vera lotta al contrabbando, al tempo dilagante, iniziò nel febbraio del 2000, quando l'allora Ministro degli Interni del governo Prodi, Enzo Bianco, inviò 1.900 uomini delle forze dell'ordine in Puglia.

A scatenare la durissima reazione delle istituzioni fu l'uccisione di due finanzieri, speronati pochi giorni prima da un blindato guidato dai contrabbandieri. Con l'Operazione Primavera - che portò all'arresto di 150 persone, tra cui molti soggetti legati alla Sacra Corona Unita e alla Camorra - si pensava di aver fatto piazza pulita.

Oggi però gli affari sono più vivi che mai, dicono i dati e le cronache degli arresti. Gli attori, tuttavia, non sono più quelli di un tempo: tracciare l'identikit del perfetto contrabbandiere non è facile—si va dai singoli trafficanti, che attraversano le frontiere in solitaria per acquistare e importare illegalmente sigarette a basso costo, ai grossi flussi internazionali.

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I quali, però, rimangono in mano ai soliti noti. Secondo quando riportato da uno studio di Transcrime, al fianco degli imprenditori criminali nostrani, si trovano ucraini, tunisini e cinesi. Soggetti con cui le nostre mafie stringono partnership commerciali, come e ancora più di un tempo.

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Foto di apertura di HM Revenue & Customs, pubblicata su Flickr in Creative Commons.