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Queste zone dell’Italia sono così inquinate che aumentano i rischi di malformazioni

Dopo la diffusione dei dati relativi ai residenti di Taranto, si è tornati a parlare dei rischi per la salute dovuti all'inquinamento in Italia: ad oggi esisterebbero ancora 57 siti di interesse nazionale per le bonifiche.
Foto di Yale Rosen/Flickr

Si è tornati a parlare dei rischi per la salute dovuti all'inquinamento ambientale, dopo la diffusione degli ultimi dati relativi ai residenti di Taranto, città sede del colosso siderurgico dell'Ilva — attualmente coinvolto in un maxiprocesso per presunto disastro ambientale.

Tra i bambini al di sotto dei 14 anni "si sono osservati eccessi importanti per le patologie respiratorie: in particolare tra i bambini residenti al quartiere Tamburi si osserva un eccesso di ricoveri pari al 24 per cento," si legge nel rapporto stilato dalla regione Puglia. E la percentuale sale al 26 per cento tra quelli residenti nel quartiere Paolo VI.

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Dati preoccupanti che contribuiscono a delineare un quadro più preciso della situazione ambientale in Italia dove, incluso quello tarantino, attualmente si contano ancora 57 Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche (SIN), e cioè vaste aree inquinate per le quali lo Stato ritiene necessari interventi di risanamento.

L'ultimo rapporto della filiera SENTIERI - lo Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento del ministero della Salute, pubblicato lo scorso settembre - ha valutato i rischi relativi alla salute riproduttiva all'interno di 18 SIN, rilevando profili di rischio diversi.

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Sono emerse alcune realtà particolarmente allarmanti: "quelle dei siti siciliani di Gela e Priolo," spiega a VICE News Fabrizio Bianchi, coordinatore dello studio e responsabile del dipartimento di epidemiologia ambientale dell'istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa.

"E poi Mantova e alcuni siti toscani come Piombino e Livorno. Anche Massa Carrara, dove il sito industriale è ormai chiuso da 30 anni, ma evidentemente c'è un'onda lunga dell'inquinamento che continua a provocare qualcosa," prosegue.

A Piombino, lo studio riporta che la probabilità di malformazioni congenite è superiore del 51 per cento rispetto alla media regionale; mentre a Livorno, dove sono presenti attività portuali e di raffineria, si registra uno dei profili più critici, con diversi eccessi di rischio per arti, cuore, apparato digerente, genitale, urinario e anomalie cromosomiche.

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Il dottor Bianchi precisa che lo studio non permette di concludere che tutte le alterazioni individuate siano attribuibili all'inquinamento ambientale: "C'è l'inquinamento, c'è l'esposizione, ci sono dei dati di salute alterati e non si può concludere che tutte quelle malformazioni in eccesso siano dovute esattamente a quell'inquinante o a quel tipo di inquinanti. Però c'è un forte sospetto che questi eccessi siano anche legati alla componente ambientale."

La serie di studi del progetto SENTIERI, prosegue, indica che le popolazioni che vivono all'interno di aree contaminate – e parliamo di 4-5 milioni di cittadini italiani, secondo l'esperto – siano sottoposte a un impatto ambientale e sulla salute più elevato.

"[Questo] rafforza l'indicazione di procedere con il monitoraggio ambientale e sanitario, e soprattutto di procedere il più velocemente e più efficacemente possibile alla rimozione dei fattori di rischio che portano all'inquinamento delle matrici ambientali, cioè acqua, suolo, aria, e matrici alimentari, attraverso le bonifiche," aggiunge.

Ma i risanamenti sono operazioni da miliardi di euro, lunghe e complesse. "Quando si tratta di bonificare tratti di mare, sedimenti che sono in aree marine o ampi territori, sono cose che richiedono studio e tecnologia," spiega Bianchi.

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E spesso, prosegue, alle difficoltà tecniche si aggiunge un iter burocratico periglioso, specialmente se si tratta di intervenire su territori di proprietà privata.

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"Resta il fatto che le popolazioni che vivono in certe aree attendono magari da dieci anni queste bonifiche e da dieci anni non ci sono," dice. "Non bisogna pensare che se l'impianto è chiuso, ma la bonifica non è stata fatta, cessano i rischi o i danni sulla salute."

Nel caso del SIN di Massa Carrara, ad esempio, nonostante le attività siano cessate da molti anni, si sono riscontrati rischi di malformazioni congenite più elevati soprattutto nell'ultimo decennio. Logicamente, se la popolazione rimane esposta a inquinanti attivi nel tempo, questi possono continuare a provocare danni.

"Chi è anziano è più sensibile, chi è malato è più sensibile, i bambini sono più sensibili e quindi a rimetterci sono le fasce più deboli della popolazione," sostiene Bianchi.

Ma l'esperto si schiera contro inutili allarmismi, e fa notare che esiste anche un problema di tipo opposto.

"Abbiamo riscontrato che in tante aree c'è una percezione esagerata del rischio," spiega. "Questo porta le persone a non vivere in uno stato di benessere." E richiederebbe sforzi maggiori perché avvenga una comunicazione più rigorosa e trasparente con la popolazione.

"[È] Un sistema molto complesso, quello che determina la percezione del rischio nelle persone. Non c'è una percezione sbagliata o giusta, c'è una percezione che può corrispondere più o meno al rischio a cui sono effettivamente esposte. Ma il problema è che se lo percepiscono meno o più di quello vero bisogna individuare le cause," commenta.

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Come anche evidenzia il rapporto, in alcune aree il rischio di malformazioni congenite è considerato privo di criticità. Tra queste, i SIN di Sassuolo-Scandiano e Fidenza, in Emilia Romagna, ma anche quelli di Bari e Brindisi.

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Foto di Yale Rosen/Flickr. rilasciata su licenza Creative Commons