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Politică

Chi c'è dietro il video virale dei 'terroni' che votano Salvini

Francesco Imperato di This is Racism ci ha spiegato come è nato il video "Quando i neri erano i meridionali" e cosa pensa di chi non l'ha capito.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
andrea pennacchi this is racism
L'attore Andrea Pennacchi nel monologo pubblicato dalla pagina "This is racism." Grab via Facebook.

In vaste sacche del Nord Italia l’odio contro il “terrone” è stata una norma sociale accettata a lungo, e che sopravvive ancora adesso in varie forme. Si va dalle più gravi, tipo gli annunci “non si affitta a meridionali,” fino a quelle apparentemente più innocue—come l’uso spensierato dell’epiteto che ne fanno persone tendenzialmente non razziste.

Per decenni, si sa, il partito che più ha cavalcato e aizzato questo sentimento è la Lega Nord. Le dichiarazioni dei suoi esponenti maggiori sono talmente tante che non si riescono nemmeno a contare, così come i manifesti sul “complotto terrone” o quelli che invitavano i meridionali a tornarsene “a casa loro.”

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Tuttavia, negli ultimi anni, è successo l’incredibile: al Sud un numero non irrilevante di persone sembra essere diventato leghista. La Lega di Matteo Salvini, infatti, si sta radicando sempre di più sia in termini elettorali che operativi. Sia chiaro, non è più lo stesso partito di Bossi: siamo di fronte a una forza politica pienamente nazionalista, che ha trasferito lo stigma dell’esclusione su altri gruppi sociali.

Ma se non si ignora completamente la storia recente, non si può fare a meno di rimanere di sasso di fronte a questo capovolgimento storico. Ed è proprio su questo cortocircuito che si basa un video che sta girando moltissimo su Facebook in questi giorni, arrivando al milione di visualizzazioni e oltre 20mila condivisioni.

La clip consiste in un monologo di quattro minuti recitato dall’attore Andrea Pennacchi, che per l’occasione interpreta l’idealtipo del leghista di provincia—un padroncino gretto dotato di accento insopportabile, villetta in campagna, trattorino e razzismo viscerale.

Il bersaglio principale sono appunto i “terroni,” descritti come delinquenti, nullafacenti e tutto il resto del campionario che conosciamo fin troppo bene. “Ci facevate tanto schifo,” dice Pennacchi, “finché non è successo il miracolo: sono arrivati i negri. […] E dopo 300 anni ci siamo scoperti tutti fratelli dando addosso al negro.”

Verso la fine il protagonista ricorda ancora una volta “quanto schifo ci facevate” e si rammarica del fatto che forse “non ve l’abbiamo detto bene.” Perché, e qui si entra nel vivo dell’attualità politica, “se l’aveste capito quanto vi disprezzavamo adesso non avreste votato Salvini. Terroni, ma che cazzo di problemi avete? Dovreste vergognarvi.”

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Il video è stato pubblicato sulla pagina “This is racism,” aperta la settimana scorsa, e fa parte di un progetto più ampio di fiction sul razzismo “dal basso”—cioè delle persone comuni. Il regista è il 35enne Francesco Imperato, nato e cresciuto in Veneto da genitori di origini meridionali, con cui ho scambiato qualche parola al telefono.

L’idea—mi spiega—è venuta quando ad agosto si è imbattuto in un testo dello scrittore e giornalista torinese Marco Giacosa, e ha subito pensato di adattarlo. I riferimenti territoriali dello scritto originario erano sul Piemonte, mentre Imperato ha deciso di spostarlo in provincia di Padova.

Lo scopo principale era quello di “fare un lavoro molto personale, che in qualche modo rispecchiasse la mia storia. Essendo cresciuto in quelle campagne, a pochi chilometri dalla villetta che si vede del video, mi sembra che la figura del leghista veneto fosse molto forte e non banale. Nel senso che è una figura molto contrastante, che solitamente si è sporcata le mani per arrivare dov’è.”

Pur non aspettandosi minimamente un simile riscontro, secondo Imperato una delle chiavi della viralità del video sta proprio nella costruzione del testo di Giacosa, che mette di fronte a un protagonista negativo “che ascolti perché ti dà fastidio—il modo in cui parla, e quello che dice—e però alla fine esprime un concetto su cui sei d’accordo. E questa cosa ti fa girare ancora di più le balle.”

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A livello più generale, poi, il tema è indubbiamente caldo e “chiunque si sente coinvolto in un discorso del genere.” Basta vedere la mole di commenti sotto al video, tra cui diversi che prendono sul serio il monologo. Credono, cioè, che sia vero. Quando gli chiedo il suo pensiero in merito, il regista mi risponde che gli fa “molto piacere, perché volevo che in qualche modo succedesse questa cosa” per stimolare ulteriormente il dibattito.

Tornando a uno degli argomenti centrale del video—cioè la trasformazione leghista di una parte insospettabile dell’elettorato—Imperato si dice personalmente “scioccato, ma non tanto da quelli che stanno al Nord; soprattutto da quelli che stanno al Sud.”

Questo choc, continua, risale alla sua adolescenza. “D’estate andavo sempre in un paese in Puglia, e ricordo che a un’elezione il tre percento della popolazione aveva votato Lega,” racconta. “Per me non era concepibile. L’unica spiegazione che sono riuscito a darmi ha a che fare con una forma ‘ciclica’ di razzismo.”

Il protagonista della clip incarna infatti uno stereotipo del passato, perché la questione è effettivamente cambiata. “In Veneto, e non solo, finché c’erano solo i meridionali il problema erano loro; poi sono arrivati gli albanesi negli anni Novanta, e infine i migranti africani,” afferma Imperato. L’odio, insomma, si è sistematicamente concentrato sull’ultimo arrivato.

Tutto ciò, conclude il regista, non riguarda più solo il leghista tipo, che sotto sotto disprezza ancora i “terroni,” ma ormai ha “qualcosa di più importante da combattere”; riguarda ormai molte altre persone in tutta Italia. Tra cui, evidentemente, i vecchi nemici di un tempo.

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