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Chi sono e cosa vivono le spose-bambine in Italia

Ogni sette secondi, nel mondo, una ragazza di età inferiore ai 15 anni viene data in sposa a uomini spesso molto più grandi di lei. Qual è la situazione in Italia?
Foto di Brunifia/Flickr

Ogni sette secondi, nel mondo, una ragazza di età inferiore ai 15 anni viene data in sposa a uomini spesso molto più grandi di lei.

15 milioni di matrimoni, ogni anno, hanno per protagonista una minorenne: una su tre ha meno di 15 anni.

In Italia l'ultimo caso noto è quello di Torino, risalente a qualche giorni fa. Il Tribunale dei Minorenni ha disposto che una quindicenne di origini egiziane venisse allontanata dalla famiglia e affidata ad una comunità, dopo essere stata promessa in sposa ad un uomo di quasi 10 anni più grande—per il quale sarebbe stata inoltre costretta al rimpatrio in Egitto.

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L'intervento delle istituzioni è avvenuto in seguito a una chiamata della ragazza, incoraggiata anche da un'amica di scuola, al numero nazionale di Emergenza Infanzia (il 114) gestito da Telefono Azzurro in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità—come spiega Rosalba Ceravolo, ricercatrice e psicologa presso la onlus che ha accolto la richiesta d'aiuto.

La denuncia di Torino contribuisce a far luce su di una realtà che comincia a emergere sempre più di frequente anche nel nostro paese. Ma al di là degli episodi riportati dalla stampa, rimane ancora difficile valutare l'entità del fenomeno in Italia.

Spose-bambine in Italia

"Non ci sono dati strutturali perché non sono state fatte ricerche e non ci sono state indagini, se non a livello teorico," spiega a VICE News Tiziana dal Pra, presidente di Trama di Terre, un'associazione che attraverso il progetto Matrimoni Forzati si occupa del tema.

"Secondo me non è più [un fenomeno] sommerso: le ragazze cominciano a parlarne e a esprimere i loro desideri e volontà, diversi da quelli dei propri genitori o dei propri nuclei familiari allargati," aggiunge.

Stando all'esperta, infatti, sarebbe finalmente maturata la percezione che sia necessario affrontare il tema nel mondo della scuola, dei centri antiviolenza, dei servizi sociali e dei tribunali.

È un fenomeno di cui si parla sempre di più, ma ancora non abbastanza," spiega Ceravolo a VICE News.

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"Talvolta il minore chiama per contrastare prevaricazioni di altro tipo—violenza fisica, educazione restrittiva, offese verbali—e poi si scopre che gli scenari includono anche violazioni di questo tipo."

L'incidenza di matrimoni precoci forzati in Italia, come illustra Ceravolo, è legata a un aumento nel nostro paese di popolazioni in cui queste pratiche sono tuttora percepite come "culturalmente normative"—ovvero accettate, condivise e condivisibili dai membri della comunità.

Si tratta in genere di comunità più propense a vedere minori sposare uomini molto più grandi. "È la logica di considerare la donna un oggetto, una donna che viene assunta al ruolo di colei che dovrà procreare e occuparsi dell'uomo e dei figli."

E tanto più giovane è la bambina, tanto più rischia di essere assoggettata e modellata secondo le aspettative dell'uomo, aggiunge.

Fati,13, è una rifugiata del Mali sposata, arrivata incinta al campo di Mbera. Leggi di più sulle spose bambine ? — Parlamento europeo (@Europarl_IT)April 12, 2017

Secondo un rapporto del 2015 dell'Unicef, i paesi con il più alto tasso di matrimoni minorili sono Niger, Repubblica Centroafricana, Chad e Bangladesh–nei quali si riportano percentuali che raggiungono anche il 76 percento.

"Una famiglia che migra porta con sé la propria storia, la propria cultura, la propria tradizione. Sono famiglie che vengono in cerca di un futuro migliore, un futuro migliore per i figli, ma rimangono ancorati a qualcosa che è rimasto nel loro paese, talvolta ancorati ancora di più mentre alcuni paesi stanno cambiando," spiega Dal Pra.

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Proprio lo scorso febbraio, ad esempio, il Pakistan ha inasprito le pene contro il matrimonio minorile, già illegale, e in Libano, dalla fine di marzo, è al vaglio del Parlamento una legge che porterebbe l'età minima per le nozze ai 18 anni.

Le conseguenze psicologiche

I matrimoni forzati si registrano più frequentemente all'interno di comunità etniche che vivono in maniera polare le differenze tra la loro cultura d'origine e quella d'accoglienza.

Sono tipicamente gruppi che tendono all'isolamento e all'autoreferenzialità, negando ogni possibilità di negoziazione o ridefinizione di ruoli, funzioni, aspettative e mandati.

Le famiglie, in sostanza, si sostituiscono all'individuo nello scegliersi reciprocamente—spesso per motivi legati al tema dell'onore o al possesso di beni materiali.

Questo rischia di provocare gravi ripercussioni sulla salute mentale e fisica della minore, che subisce le conseguenze di una scelta non sua—anche nel caso di Torino, come riportato dai media, la ragazza aveva già tentato il suicidio.

"Il matrimonio contratto in età precoce, e la gravidanza in età precoce, [sono correlati ad] ansia, depressione, disturbi somatizzanti, condotte di autolesionismo e quant'altro," spiega Ceravolo.

"Poi vanno a crollare, oltre che le strutture portanti del sistema del sé, anche gli schemi di riferimento del sé in rapporto con l'altro."

"È come se l'individuo venisse tradito da coloro che erano stati assunti come punti di riferimento, fino a quel momento," specifica.

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Leggi anche: Questo studio dice che incesto e abusi sui minori sarebbero "la normalità" in Campania

Per questo stesso motivo, la segretezza che caratterizza molti di questi casi di matrimonio forzato è in parte alimentata dalle ovvie e pesanti conflittualità che una bambina in cerca di aiuto si trova ad affrontare.

La richiesta di aiuto rischia di essere vissuta "un tradimento verso il sistema di chi ti ha messo al mondo e nutrito fino a quel momento. Per cui il riconoscimento di essere vittima di una violazione grave, seppur percepito, è difficile che arrivi agli organi di denuncia," continua Ceravolo.

È quindi necessario, sostiene, che anche da privati cittadini ci si faccia promotori di un'osservazione attenta e di una risposta attiva che lavori sul confronto, sull'ascolto attivo e non giudicante di meccanismi o consuetudini culturali ritenuti lesivi dei diritti fondamentali degli individui—e in questo caso, dei minori.

Bisogna avere sensibilità e coraggio attivo, laddove si colga un bisogno o una sofferenza, aggiunge. "Per quanto possano essere auto-isolanti, per quanto cerchino di riprodurre il proprio stile di vita e la propria cultura anche in terra altra, sono comunità e culture con cui entriamo in contatto" quotidianamente.

Come contrastare il fenomeno

Giungendo all'attenzione degli addetti ai lavori, questi fenomeni possono essere adeguatamente conosciuti e studiati, fornendo gli elementi base per definire pratiche efficaci per la tutela di bambini e adolescenti.

Arrivare però ad intervenire in un contesto critico, in cui un'intervento si rende necessario, è piuttosto complicato.

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"Non è facile per una bambina sollevare la cornetta e dire: 'Io sto subendo un abuso, mia madre vuole farmi sposare un uomo dieci anni più grande.' E non è facile nemmeno per una docente che sa che una propria studentessa viene allevata in una famiglia che sta per mettere in atto queste misure. Non è facile per un vicino ascoltare quelle urla ogni giorno e decidersi a chiamare."

Non è facile, ma necessario, commenta Ceravolo.

"Se ciascuno di noi non fosse indifferente di fronte queste realtà, faciliterebbe quel percorso di emersione che poi permette di risolverle," sottolinea.

Dal Pra suggerisce un primo intervento in ambito scolastico, perché le richieste delle ragazze possano essere accolte e segnalate alle autorità competenti in maniera diretta, senza alcuna mediazione familiare che le esponga ad ulteriori pericoli.

Invertiamo questa rotta, impediamo che il numero delle — Terre des hommes (@tdhitaly)March 30, 2017

L'altra risposta, spiega, sarebbe quella di rilasciare permessi di soggiorno per motivi umanitari come previsto dall'articolo 18bis della legge sull'immigrazione, a tutela delle vittime di violenza.

"Teniamo sempre conto che le donne, specialmente le minorenni, non hanno mai un permesso di soggiorno autonomo. Hanno un permesso di soggiorno legato alla famiglia o, nel caso della donna, al marito," chiarisce.

"Noi dobbiamo dare dei permessi personali, e l'articolo 18bis prevede che chi denuncia [la violenza] possa usufruire di un permesso di soggiorno autonomo."

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Ma l'attuale procedura presenta un grande ostacolo: "Non tutte le ragazze sono disposte a denunciare i genitori," ricorda. "Probabilmente le ragazze vogliono qualcosa che non intravedono ancora, ma non una rottura totale [con i familiari]. Obbligare alla denuncia secondo noi è una grande forzatura."

Una violazione dei diritti umani

Più in generale, secondo Tiziana Dal Pra di di Trama di Terre, è necessario che tutte le realtà coinvolte nella lotta a queste problematiche non si nascondano dietro il rispetto delle culture e dei credi religiosi, ma concentrino la loro attenzione sulla tutela dei diritti delle minori.

La sfida è adesso quella di agire per riconoscere e perseguire questo abuso come violenza—secondo quanto stabilito nella Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne del 2011, ratificata nel 2013 anche dall'Italia.

"Tutti gli stati che hanno firmato la Convenzione di Istanbul hanno l'obbligo di inserire questo reato, questo problema [in un nuovo piano antiviolenza]. Sono sicura che il governo interverrà per prendersi a carico anche questa problematica," aggiunge dal Pra.

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"Molti altri stati europei l'hanno assunta come violenza e hanno fatto delle leggi per contrastare questo fenomeno, che non si limita al matrimonio forzato ma anche all'ingabbiare queste ragazze e giovani donne in situazioni di vita [che non hanno scelto]."

"Devono essere ascoltate le donne, devono essere ascoltati i centri antiviolenza, devono essere ascoltate le scuole, deve essere ascoltata la società civile e la risposta deve essere diretta e laica." E insiste: "Prima di tutto ci sono i diritti umani."


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Foto di Brunifia/Flickr, rilasciata su licenza Creative Commons