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Come lo jihadismo troverebbe i soldi per gli attacchi terroristici in Europa

Money transfer, service provider 'fantasma' e riciclaggio al contrario: VICE News ha intervistato l'esperto consulente antiriciclaggio Mario Turla.
Foto via lo Stato Islamico

Gli attentati di martedì 22 marzo a Bruxelles riaprono questioni mai chiarite del tutto: chi finanzia il terrorismo internazionale e le cellule di "lupi solitari" nelle città occidentali? E, sopratutto, come?

Sebbene nelle ultime ore ci siano state voci che hanno "minimizzato" l'influenza del fattore economico nell'organizzazione delle stragi, come quella di Marino Farneti - esperto di balistica forense - che ha dichiarato a Lettera 43 che "probabilmente per gli attentati in Belgio sono stati spesi meno di 1000 euro", rimangono delle criticità: la fase operativa di un attacco non è la sola a richiedere disponibilità economica.

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Le voci del 'bilancio' segreto di un jihadista non sono soltanto esplosivo fatto in casa e armi automatiche, infatti, ma anche cibo, biglietti aerei e ferroviari, carte prepagate, telefoni, auto a noleggio e affitti. O ancora: la latitanza, i documenti falsi, l'addestramento.

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Queste ultime voci sono le più difficili da tracciare, perché vengono finanziate attraverso denaro spesso "pulito" in attività "sporche" – in una sorta di riciclaggio di soldi al contrario.

Ed è questa la definizione che fornisce Mario Turla, da più di vent'anni consulente antiriciclaggio. Turla ha lavorato per gli intermediari finanziari e per la commissione antimafia di Milano, oltre ad aver collaborato con la Uif - Unità di Informazione Finanziaria della Banca d'Italia - nel redigere l'elenco degli "indicatori di anomalia": il primo passo per inserire un'operazione all'interno di quelle sospette.

Turla è un esperto di soldi, e dei loro movimenti, più che della struttura delle organizzazioni mafiose o terroristiche. Intervistato da VICE News, spiega la differenza che permette di identificare, in prima istanza, due tipologie di soggetti, il mafioso e il terrorista.

"Il riciclaggio classico, quello delle organizzazioni mafiose, inserisce nel circuito dell'economia legale soldi accumulati illecitamente: corruzione, pizzo, evasione fiscale, narcotraffico. Attraverso tre passaggi: la generazione del denaro; il camuffamento per eliminarne la provenienza mediante società oscure basate in paesi con scarsa trasparenza e, infine, il reimpiego nell'edilizia, nella ristorazione, negli immobili, nelle pompe di benzina."

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Nel caso del jihadismo internazionale accade invece l'esatto opposto, spiega Turla: "Si tratta di micro-finanziamenti, sotto forma di donazioni, spesso fatte con le migliori intenzioni da un fedele islamico che possiede una sua attività commerciale legale. E i beneficiari di queste donazioni sono delle onlus".

I money transfer internazionali

Come il Cattolicesimo, infatti, anche l'Islam prevede una fitta rete di organizzazioni dedite all'opere pie o caritatevoli che, per struttura e costituzione, sono dei "contenitori" perfetti di denaro — il quale può essere reinvestito sia nel Paese in cui hanno sede che all'estero.

La tesi che conduce alle onlus troverebbe conferma nel report del 2013 presentato dal Comitato di Sicurezza Finanziaria — entità che fa capo al Ministero del Tesoro ma al cui interno siedono rappresentati del Ministero della Giustizia, Interni, Carabinieri, Direzione Investigativa e Direzione Nazionale Antimafia, Banca d'Italia e Consob.

Una relazione dove si citano le best practice sancite dal FATF, Financial Action Task Force, in quanto a sanzioni in materia di terrorismo. Fra queste spicca, a pagina 99 del report, proprio il 'contrasto all'abuso delle organizzazioni no profit'.

"In un caso abbiamo intercettato una strana triangolazione di denaro che partiva dalla Turchia, si fermava in Italia per poi dirigersi in Bangladesh" racconta Turla.

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Come avvengono finanziamenti e donazioni? "Attraverso i money transfer," secondo il consulente antiriciclaggio, "che per loro natura sono meno sensibili al rispetto della legge anche se dovrebbero applicare l'obbligo di presentare documenti d'identità. Sono creati apposta per piccole cifre di denaro e hanno una peculiarità: sono dei sistemi a compensazione".

Questo significa che non c'è un vero e proprio trasferimento di soldi attraverso una fonte completamente tracciabile - segnata da date, indirizzi, nomi e cognomi, come avviene con un normale bonifico - quanto piuttosto degli ordinativi, "non così diversi da una email," che autorizzano a rilasciare una determinata cifra, e possono sfruttare il lavoro di agenti-intermediari che 'nascondono' i reali nomi delle figure coinvolte, e rende complesso risalire nella maggior parte dei casi alla reale destinazione del denaro.

Hawala e i service provider fantasma

Ma i money transfer, di per sé, non costituiscono l'intero problema. Secondo gli osservatori, il meccanismo globale è più complesso — ed è molto simile a quello indicato da diverse relazioni del Fondo Monetario Internazionale che pongono l'accento sul ruolo di alcuni "service provider fantasma."

Il più noto e più citato dalle carte giudiziarie si chiama Hawala. Il suo nome deriva dalla legge islamica, e sta a indicare proprio un reticolo di transazioni commerciali basate su degli intermediari presenti in varie città, i quali onoravano debiti e crediti anche a distanza di mesi dietro accordi di fiducia. E senza cambiali o assicurazioni.

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Questo service provider è diventato uno strumento per il finanziamento al terrorismo in Africa occidentale, attraverso il commercio di diamanti, e viene citato anche in un documento italiano relativo alla sicurezza nazionale e inviato alla Presidenza del Consiglio.

Hawala viene definito come un'alternativa ai circuiti bancari tradizionali, per non incorrere nel sistema dei controlli previsti dalle normative antiriciclaggio dei vari paesi.

Italia che su questo tema ha appena superato, pur con qualche riserva, un'indagine condotta dal FMI sul biennio 2014-2015 per gli adeguamenti delle proprie leggi agli standard internazionali, anche grazie all'ultimo decreto varato a ottobre 2015 dal Ministro Alfano — quello che scatenò la polemica sul tetto al denaro contante.

Ed è proprio sul contante che si sofferma Mario Turla. Non è necessario andare in Africa occidentale e utilizzare service provider fantasma, visto che anche "in casa" il sistema potrebbe presentare alcune falle: come San Marino e Città del Vaticano, che "nell'ultimo biennio hanno adeguato le normative ma non c'è alcuna evidenza empirica che le applichino," spiega Turla, "visto che non abbiamo i numeri delle segnalazioni sospette provenienti" dai due stati.

È ciò che potrebbe avere dato vita a un problema "transfrontaliero dei contanti" che avviene attraverso veri e proprio "corrieri di denaro" – quelli che un tempo si definivano 'spalloni'.

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C'è chi ha avanzato l'ipotesi che in molti casi si tratti di denaro falso, contraffatto. Secondo Turla, questa è una possibilità da escludere. "Il sistema si regge sulla fiducia. Se tradisci perde credibilità l'intero sistema, e vieni escluso dalla catena."

L'ultimo capitolo del finanziamento al terrorismo internazionale è dato da traffici "tradizionali" o "classici": la partecipazione a una vasta gamma di attività criminali che vanno dagli stupefacenti ai sequestri di persona — passando per le rapine. In questo simili alle attività della criminalità organizzata, dove il "lavaggio" di denaro pratiche legali torna ad essere uno snodo fondamentale.

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